La svolta giudiziaria diventa il vero salvagente di Matteo

Domenica 17 Febbraio 2019
IL RETROSCENA
ROMA Una cosa è essere da solo sulla graticola. Un'altra cosa è condividere i carboni ardenti, anche dal punto di vista giudiziario, con gli atri. Il siamo tutti nella stessa situazione, ora che sono finiti sotto indagine per la Diciotti anche Conte, Di Maio e Salvini, diventa un alleggerimento non da poco per Salvini alla vigilia del voto on-line dei grillini e poi di quello martedì in Giunta e infine nell'aula del Senato. Dunque il «mi sento tranquillo», che nei giorni scorsi odorava di dissimulazione da parte del ministro dell'Interno, nelle ultime ore si fa facendo più motivato. Anche se i motivi di preoccupazione non possono svanire. Il voto della piazza web su un'autorizzazione a procedere è una primizia - non fu digitale il crucifige del «chi volete libero, Gesù o Barabba?» - e mai nella storia del mondo è accaduto che i parlamentari si fanno dettare (al netto di interventi correttivi di qualche eventuale manina della Casaleggio) dagli iscritti come votare. Stavolta invece si fa appello alla democrazia diretta per scegliere se il potere legislativo deve dare il permesso al potere giudiziario di processare il potere esecutivo. Da questo cortocircuito, può venire fuori qualsiasi cosa. Anche la «brutta sorpresa» (la vittoria degli animal spirits del grillismo giustizialista a prescindere) per Salvini. Perché al momento è lui in ballo.
I MESSAGGI
Arrivano feedback positivi al capo leghista da parte di Di Maio e dei vertici M5S sul voto in Giunta, ma non può arrivare nessuna certezza sul voto preliminare dei militanti nella piattaforma Rousseau e «non sappiamo se Luigi controlla la base», confida un big del Carroccio. In questa atmosfera di sospensione e di attesa, Salvini ha trascorso il sabato in relax milanese, facendo i compiti con la figlia e aiutandola nella grammatica (scrivi una parola con la lettera P e il genitore posta lo svolgimento su Twitter: «Porta, paletta, pino, pescare...»). Ma la situazione è delicata. Tanto è vero che la linea che si è data la Lega è quella della prudenza. Riassumibile così: non accendere polemiche con i 5 stelle, evitare provocazioni, non minacciare la crisi di governo in caso di pollice verso digitale. E soprattutto - come racconta uno degli uomini più vicini al Capitano - «dobbiamo sinceramente rispettare il travaglio di M5S. Loro non hanno mai detto no a una richiesta dei magistrati e si trovano in una situazione nuova e delicata. Hanno capito che stavolta non c'è un atto di peculato ma un atto politico e di difesa dell'Italia su cui esprimersi, e noi dobbiamo accompagnare responsabilmente questa svolta importante».
Ma la svolta ci sarà? Nell'establishment 5 stelle si fa questa previsione sul voto on-line. Un 60 per cento di probabilità per il No all'autorizzazione a procedere e un 40 per cento per il Sì. Numeri che potrebbero avere qualche fondamento. E che si basano su questa sensazione di chi conosce nel profondo il movimento: più si sale verso il Nord e più i militanti M5S (già un po' salvinizzati?) sarebbero orientati a salvare il leader del Carroccio; mentre più si scende al Sud - e la Campania di Fico in questo ha un ruolo super-combat, ma anche la Puglia che si sente particolarmente tradita dalle svolte governiste di Di Maio - e più il richiamo della foresta identitaria della base potrebbe inguaiare il ministro dell'Interno.
LA SVOLTA
Quindi vincerà il No? Aspettiamo e vediamo, è il mood di Salvini. Il quale per effetto della clamorosa novità giudiziaria di ieri - Conte, Di Maio e Toninelli indagati dal procuratore Zuccaro - è in una situazione molto meno debole di prima. Il siamo tutti sulla stessa barca vale come una sorta di blindatura, o almeno come un salvagente forse previsto dal vicepremier. E un problema non da poco per i dissenzienti M5S a Palazzo Madama - la Nugnes, la Fattori, Morra e una decina di colleghi - che sono sul piede di guerra. Dicono: anche se il voto su Rousseau salva Salvini, noi in aula lo affossiamo lo stesso. Ma come faranno i pasdaran grillini a mandare il leader leghista a processo e a difendere subito dopo dal processo Conte, Di Maio e Toninelli? Salvini è convinto di uscire bene da questo guazzabuglio e ieri sera infatti, entrando a San Siro per tifare Milan contro l'Atalanta, sfoggiava un sorriso non ancora pieno, ma quasi.
Mario Ajello
© RIPRODUZIONE RISERVATA
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