La svolta di Macron sull'estradizione dopo il pressing di Mattarella e Draghi

Giovedì 29 Aprile 2021
La svolta di Macron sull'estradizione dopo il pressing di Mattarella e Draghi
IL RETROSCENA
ROMA «Penso che i nostri due Paesi, tanto vicini per cultura giuridica e storia, sapranno trovare un accordo su una questione delicata come quella della estradizione» dei terroristi. Esattamente due anni fa Sergio Mattarella, intervistato da Politique Internationale, inseriva la vicenda dei tanti condannati degli anni di piombo nelle «indistruttibili» relazioni italo-francesi. Dopo i giorni difficili del 2019, seguiti all'incontro a Parigi di Di Maio e Di Battista con la fazione più estremista dei gilet gialli, toccò al Presidente della Repubblica Mattarella recuperare una relazione compromessa con tanto di ritiro dell'ambasciatore francese in Italia e sospensione delle relazioni commerciali. L'incontro tra Mattarella e Macron nella valle della Loira, per celebrare il cinquecentenario della scomparsa di Leonardo, fu l'occasione per tornare anche su un argomento che nei decenni passati altri presidenti della Repubblica, avevano provato a sollevare trovando sempre il muro eretto dalla Dottrina Mitterand.
LA FACCIA
Macron - che appena eletto presidente della Repubblica francese aveva riaperto i fascicoli con le richieste, salvo poi fermarsi - ha ritenuto solo ora che fosse venuto il momento di scongelare una questione sempre accantonata negli incontri bilaterali e nelle visite di Stato. Poco dopo il suo insediamento al ministero della Giustizia, Marta Cartabia organizza colloqui con i suoi colleghi europei. Quando tocca al collega francese Dupont-Moretti tra i temi della collaborazione bilaterale la ministra torna a riproporre il tema dell'estradizione dei condannati per terrorismo, con sentenza definitiva, che si sono macchiati di sangue. E' in quella occasione che la Cartabia comprende che l'ombrello della Dottrina Mitterand, sotto il quale si sono rifugiati anche i sette arrestati ieri, potrebbe chiudersi. Infatti Dupont-Moretti, ministro della Giustizia francese dalla mamma italiana, è il primo a comprendere che le ferite degli Anni di Piombo in Italia non si sono chiuse, che tante famiglie attendono ancora giustizia e che è tempo di dare anche su questo fronte un segnale di collaborazione anche perché in questi anni è la Francia ad avere problemi con il terrorismo. L'8 aprile l'incontro si chiude con una nota del ministero della Giustizia nel quale si sottolinea che «la pressante richiesta delle autorità italiane affinché gli autori degli attentati delle Brigate Rosse possano essere assicurati alla giustizia».
Il ministro francese sottopone a Macron il dossier. L'arrivo in Italia di un nuovo governo spinge l'Eliseo a ribaltare la risposta data per quaranta anni nel nome di quell'europeismo che Draghi incarna guidando uno dei Paesi fondatori dell'Unione.
Una decina di giorni fa, nel corso di una telefonata, tocca a Draghi ricordare al presidente francese che il tempo stringe e che la prescrizione incombe. Già per altri condannati il reato si è prescritto e tra i sette c'è il brigatista Maurizio Di Marzo - ora latitante - i cui reati si annullano il 10 maggio. Ieri gli arresti, che bloccano la prescrizione anche per i latitanti, e l'avvio delle procedure d'estradizione. La credibilità che l'attuale governo ha in Europa ha indubbiamente giocato un ruolo decisivo, ma un peso l'ha giocato anche l'avvicinarsi della campagna elettorale per le presidenziali dove Macron ha bisogno di recuperare voti a destra in vista di una probabile sfida finale con la Le Pen.
Resta il fatto che il cambio di passo impresso dal governo Draghi viene percepito meglio all'estero che in Italia. Ieri tutti i partiti hanno espresso soddisfazione per gli arresti, ma tutte le cose positive del governo Draghi, ultimo il successo messo a segno dalla Cartabia, deve fare i conti con le intemerate propagandistiche di Salvini, le contorsioni del M5S e le difficoltà dei dem nel riconoscersi appieno nell'attuale esecutivo.
Marco Conti
© RIPRODUZIONE RISERVATA
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