LA STRATEGIA
ROMA L'Italia rispetterà i suoi impegni sul deficit per il

Giovedì 24 Gennaio 2019
LA STRATEGIA
ROMA L'Italia rispetterà i suoi impegni sul deficit per il 2019 e non ci sarà bisogno di una manovra correttiva. Giovanni Tria ha voluto ribadire questo concetto da Davos, dove partecipa agli incontri del World Economic Forum La Una manovra correttiva nei prossimi mesi «tenderei a escluderla del tutto», ha detto il ministro. «In primo luogo - ha spiegato - perché prima di sei mesi non siamo in grado di giudicare l'andamento dei conti pubblici e non siamo in grado di giudicare neppure la vera natura del ciclo, quanto rallenta o no. Il nostro obiettivo di deficit, concordato con la Commissione Europea, è un obiettivo sul deficit strutturale e quindi che non tiene conto degli effetti delle variazioni congiunturali sul livello del deficit».
Il riferimento di Tria è al fatto che il livello di deficit/Pil concordato con l'Unione europea, il famoso 2,04% che in realtà si arrotonda al 2, corrisponde ad un certo livello di disavanzo strutturale, ovvero calcolato al netto dell'effetto del cicolo economico e delle voci una tantum. Questa è la grandezza rilevante ai fini delle regole europee, che chiederebbero appunto di migliorare dello 0,6% il saldo strutturale rispetto al valore dell'anno precedente. L'accordo concluso con l'Italia prevede invece che il livello resti sostanzialmente stabile, ovvero non peggiori. In presenza di un rallentamento dell'economia, il calcolo del saldo strutturale andrebbe automaticamente a comprendere gli effetti negativi e quindi non ci sarebbe bisogno di un intervento correttivo, anche se il saldo nominale peggiora. Inoltre, sempre in base all'intesa con la Ue, il ministero dell'Economia ha congelato due miliardi di spese che in caso di necessità verrebbero effettivamente risparmiate: in questo modo si verrebbe a creare un ulteriore cuscinetto di sicurezza per il rispetto degli obiettivi di finanza pubblica. D'altra parte adottare una stretta sui conti pubblici proprio in una fase in cui l'economia frena (o si porta addirittura in territorio negativo) rischia di innescare un circolo vizioso in grado di allontanare ulteriormente la crescita.
GLI ITALIANI E L'EURO
Della situazione economica del nostro Paese ha parlato sempre a Davos anche il presidente del Consiglio Giuseppe Conte. Il premier ha fatto una revisione critica della linea economica portata avanti dal nostro Paese negli anni scorsi, con governi diversi. A partire dall'inizio di questo secolo, secondo il premier, le persone «hanno creduto che l'euro sarebbe stato in grado di risolvere tutti i loro problemi cronici: l'alta inflazione, una moneta debole, il debito pubblico. Così, hanno adottato in maniera entusiasta la nuova moneta». Ma poi le cose sono andate un po' diversamente: «Il prezzo da pagare per avere una moneta stabile e una bassa inflazione è stato un debito pubblico crescente e la disciplina di bilancio ha frenato la crescita del Pil». L'apertura globale dei mercati, la libera circolazione dei capitali e la rivoluzione tecnologica «hanno prodotto grandi risultati come promesso, ma di questi benefici hanno goduto in pochi, e non in molti». Ma come intende muoversi l'attuale esecutivo per sbloccare la situazione? Il programma «vasto e multiforme, guidato da un concetto semplice: sostenere il merito mentre si combattono i monopoli e le rendite di posizione». Da un lato ci saranno «investimenti su infrastrutture materiali ed immateriali», dall'altro «regole semplici e controlli più smart».
L. Ci.
© RIPRODUZIONE RISERVATA
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