La speranza di Manuel «Danni non definitivi tornerò a camminare»

Martedì 5 Novembre 2019
La speranza di Manuel «Danni non definitivi tornerò a camminare»
LA STORIA
ROMA Nove mesi. È il tempo trascorso dalla notte del 2 febbraio scorso. Dalle ore tragiche in cui Manuel Bortuzzo, allora 19enne nuotatore veneto, è rimasto vittima di uno scambio di persona all'esterno di un pub alla periferia di Roma. Nove mesi separano questo ragazzone di un metro e 92 che da piccolo voleva fare il pilota, dagli attimi in cui un colpo di pistola lo ha raggiunto alla schiena, costringendolo a vivere - come si è detto fino a questo momento - per sempre in sedia a rotelle. Nove mesi che ora però, si scopre potrebbero essere l'inizio della sua rinascita.
IL LIBRO: RINASCERE
Dopo la paura di morire, le operazioni subite e la riabilitazione infatti, c'è una nuova speranza. «La lesione midollare non è completa» scrive Bortuzzo in un libro-diario in uscita oggi dal titolo che è un manifesto: Rinascere. I pochi filamenti del midollo rimasti integri in pratica, potrebbero consentirgli di tornare in piedi. Il percorso è difficile e per nulla scontato ma se c'è qualcuno che avrà la forza di provarci fino in fondo è senza dubbio lui. È «come un viadotto sospeso nel vuoto che mette in collegamento gambe e cervello» scrive nelle 160 pagine in cui il giovane ripercorre la sua storia. «A causa di un brutto incidente, questo viadotto è crollato quasi del tutto, è rimasta solo una sottilissima lingua d'asfalto - la sua metafora - Senza, sarebbe stato impossibile ricostruire il collegamento, ma visto che c'è, gli operai possono mettersi al lavoro e usare quel pezzettino come punto di partenza per provare ad allargare di nuovo la carreggiata. Sarà difficilissimo e dovranno procedere molto lentamente, ma possono farcela».
Bortuzzo che ora ha compiuto 20 anni, anche se «è come se ne avessi compiuto solo uno - scrive - il primo compleanno della mia vita, della mia nuova vita», racconta tutto. Dalla notte della sparatoria fino al perdono per Lorenzo Marinelli e Daniel Bazzano, condannati a 16 anni per il tentato omicidio del giovane e della sua fidanzata: «I ragazzi che mi hanno sparato, in fondo, non hanno sbagliato persona, hanno sbagliato vita» scrive. «Ma la colpa non è loro, il contesto in cui sono nati e cresciuti e le scelte che hanno fatto li hanno portati a comportarsi in quel modo».
SALVO PER MIRACOLO
Hanno sparato alla persona sbagliata ma «se avessero individuato quella giusta sarebbe cambiato poco: covare rancore e risentimento non serve a niente». Una dimostrazione ulteriore, se davvero ve ne fosse bisogno, della forza di questo ragazzo che si è trovato «ad appena dodici millimetri dalla morte». «Se mi avesse colpito dodici millimetri più in basso - continua - avrebbe beccato l'arteria addominale e in ospedale non ci sarei nemmeno arrivato, sarei morto nel giro di novanta secondi. Come in gara bastano 12 millesimi per mandarti alle Olimpiadi o farti vincere un mondiale, quella notte quei 12 millimetri hanno fatto la differenza tra esserci e non esserci più».
MAI RASSEGNATO
Parole che forse per la prima volta dimostrano come dietro al sorriso con cui abbiamo imparato a conoscerlo ci siano paura, angoscia e inevitabilmente «un po' di rabbia», ma non la rassegnazione. «Ho conosciuto l'abisso della disperazione - la chiusura del libro - e ne sono venuto fuori, ora posso dirlo, sulle mie gambe. L'unica strada che conosco per rinascere».
Così Bortuzzo che intanto ha anche interpretato se stesso in un film diretto dal Raoul Bova, ora affronta sfide nuove e cerca di fare in modo che l'eco della sua vicenda «possa servire a far crescere la sensibilità sul tema della disabilità». Racconta ad esempio di essere «riuscito a far sì che il bar sotto casa diventasse accessibile anche alle persone sulla sedia a rotelle». Perché sì «la vita ci mette davanti degli ostacoli» scrive, ma «noi non possiamo fare a meno di affrontarli».
Francesco Malfetano
© RIPRODUZIONE RISERVATA
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