La riforma bloccata

Martedì 23 Luglio 2019
IL VERTICE
VENEZIA È un po' come «al lupo, al lupo»: a forza di sentire annunci di date asseritamente stringenti, ormai si fatica a credere che quello di oggi sarà davvero «il vertice decisivo». Ma tant'è, i toni si sono alzati e le aspettative si sono impennate, per cui tocca attendersi comunque un'altra giornata rovente dal fronte dell'autonomia, schierato a Palazzo Chigi attorno al tavolo su cui il premier Giuseppe Conte proverà a sciogliere i nodi della trattativa. «Il mio auspicio è che il Governo da subito dia vita alla sua proposta, in maniera tale che si possa confrontarla con la nostra», dice dal Veneto il governatore Luca Zaia.
LA RIUNIONE
Una pre-riunione ristretta avrebbe dovuto tenersi ancora ieri, ma tutto è slittato a questo pomeriggio. Convocati, oltre alla ministra Erika Stefani che coordina i dossier agli Affari regionali, sono i viceministri Laura Castelli e Massimo Garavaglia con i relativi tecnici (Economia) per le risorse finanziarie e il ministro Alberto Bonisoli (Beni Culturali) per le Sovrintendenze, vistosamente ottimista: «Ho una grandissima fiducia nelle capacità di mediazione del premier Conte. Sono sicuro che ci sarà una sintesi e sarà una sintesi che andrà bene». Zaia, però, mette le mani avanti sull'intesa: «Se ci sarà un punto di incontro, la firmeremo. Se sarà una farsa, se sarà una finta autonomia, decisamente non possiamo firmarla, anche perché saremmo irrispettosi nei confronti dei nostri cittadini e non rispetteremmo comunque la Costituzione». Il presidente della Regione prova a rassicurare ancora una volta i critici: «Non si creerà un Paese di serie A e di serie B: questa è una brutta manfrina che non vogliamo più sentire. Noi abbiamo fatto un progetto serio, validato a livello scientifico. Non vogliamo la secessione dei ricchi: il Veneto si candida a gestire le competenze oggi gestite da Roma all'interno delle 23 materie previste dalla Costituzione». Considerazioni ribadite anche da Attilio Fontana, governatore della Lombardia: «Firmo se c'è autonomia finanziaria per la quale ancora ci sono dei dubbi e poi se ci sono delle materie importanti. Noi non chiediamo un euro in più, ma che lo Stato centrale ci trasferisca certe competenze: cambia l'erogatore del servizio e chi spende i soldi».
I PENTASTELLATI
Dal versante pentastellato Roberto Fico, presidente della Camera, non arretra: «L'autonomia regionale non deve dividere il Paese, non deve lasciare il Sud nella condizione economica in cui si trova ma deve essere un'autonomia che dà qualche potere in più alle Regioni. L'Italia è unita, una e indivisibile e bisogna lavorare e coordinarsi insieme. Qualsiasi sia l'intesa, passerà in Parlamento». Danilo Toninelli, il titolare delle Infrastrutture che a mezzogiorno sarà in audizione alla commissione parlamentare per le Questioni regionali, è più conciliante: «Chiedo a tutti i ministri del M5s e della Lega di abbassare i toni. Le tantissime ore di lavoro, i tanti tavoli con i tecnici coordinati dalla ministra Stefani stanno portando a un prodotto buono, perché è in punta di Costituzione». Il vicepremier Luigi Di Maio, però, non vuole fraintendimenti: «L'autonomia va fatta, va data alle Regioni ma la dobbiamo scrivere bene. Dobbiamo ascoltare i governatori che chiedono dialogo, per creare un'autonomia che rispetti i principi costituzionali. Se qualcuno sta giocando a spaccare l'Italia o il Governo, non lo permetteremo a nessuno».
I PRESIDENTI
A proposito degli altri presidenti, il toscano dem Enrico Rossi mantiene la sua contrarietà alle richieste dei colleghi: «Se andranno avanti così, le Regioni del Nord avranno 2 miliardi e mezzo in più e il Sud ne perderà 3. In sostanza, vuol dire che vince chi è già ricco». Il siciliano Nello Musumeci, a capo di una coalizione di centrodestra, chiede chiarezza: «Questa vicenda sembra circondata da un alone di mistero. È come se nessuno al di sotto della linea gotica avesse il diritto di sapere di cosa stiamo parlando». Il campano dem Vincenzo De Luca confida in Conte: «Ho apprezzato la posizione del presidente del Consiglio. Sarebbe stato meglio se la avesse esplicitata qualche mese fa, ma meglio tardi che mai».
A.Pe.
© RIPRODUZIONE RISERVATA
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