LA POLEMICA
VERONA «Il vero problema di quella professoressa è che

Giovedì 15 Aprile 2021
LA POLEMICA
VERONA «Il vero problema di quella professoressa è che utilizza il suo ruolo per colpire chi ha opinioni, atteggiamenti o perfino tendenze sessuali che non corrispondono al suo cliché. L'ho provato sulla mia pelle, e come me anche una ragazza che prima prendeva in media 8,5 in tedesco. Poi, quando l'insegnante ha scoperto che era lesbica, i suoi voti sono precipitati alla media del 5. Io, che sono apertamente transessuale, ho preso anche un 1». A parlare è Federico D'Alessandris, oggi 19enne, che nella sua denuncia ci mette nome, cognome e volto per aggiungere nuove accuse all'insegnante di tedesco del liceo Montanari di Verona, già al centro delle polemiche per la vicenda degli studenti bendati durante le interrogazioni in Dad. E con lui parlano anche altri studenti, alcuni chiedendo di mantenere l'anonimato, altri pronti a ribadire con nome e cognome quelle testimonianze, da valutare e pesare, ma che finiranno nell'inchiesta interna che sulla vicenda ha aperto il preside dell'istituto Montanari, Matteo Sansone: in queste ore sta raccogliendo segnalazioni sull'insegnante, ma dall'altra parte della bilancia anche testimonianze di stima e di professionalità che sono già arrivate in particolare da alcuni genitori di altri alunni. Un dossier che finirà sul tavolo del provveditore agli studi di Verona e quindi dell'Ufficio scolastico regionale che già ha chiesto lumi al preside sulla vicenda.
«Mi aveva preso di mira perché esternavo la mia transessualità, il mio voler essere maschio - spiega il ragazzo che da anni si riconosce e chiede di essere chiamato con l'identità di Federico -. Non accettava di chiamarmi al maschile e alla fine, sono stato bocciato nella sua materia, in terza liceo, ed ho dovuto cambiare scuola. Se parlo ora è perché, lo dico con vergogna, di lei tutti avevamo paura». E Federico non è il solo a raccontare vessazioni e prepotenze subite. A renderlo noto a Il Gazzettino con un messaggio Whatsapp è stato uno studente che ancor oggi frequenta il liceo Montanari e per questo chiede l'anonimato pur avendo fornito le proprie generalità: «La professoressa che ha fatto bendare una studentessa è una mia docente. Scrivo perché sono testimone di episodi ancora più gravi, umiliazioni e discriminazioni di stampo omotransfobico ripetute nei confronti di più persone».
«Non mi meraviglia affatto che abbia fatto bendare quella studentessa durante l'interrogazione. Quando ci chiamava per le verifiche ci faceva denudare le braccia per vedere che non avessimo degli appunti scritti, controllava astucci e cartelle, pure i fogli che avevamo. Era una fobia per lei. Ma il problema vero era se ti prendeva di mira, e questo terrorizzava tutta la classe - racconta un'altra studentessa che vuole mantenere l'anonimato -. Io, per esempio, sapendo quando è arrivata che aveva questi atteggiamenti di intolleranza verso le diversità sessuali, i primi due anni di terza e quarta sono riuscita a tenere nascosto il mio essere lesbica. Poi, però, deve averlo scoperto e se l'anno prima avevo la media dell'8,5 in tedesco, in quinta non riuscivo mai a prendere più del 5,5. E questo mi ha portato a perdere un anno e a dover cambiare scuola. Oggi studio Lettere Moderne all'Università di Padova e non ho mai avuto problemi per la mia sessualità né con professori né con gli altri studenti».
«La chiamavamo con il nome di un dittatore - dice Margherita Mirenda, 19 anni, che accetta invece di testimoniare con nome e cognome -. Ho visto in prima persona le discriminazioni che quell'insegnante ha fatto a Federico. Un giorno entro in classe e c'è un posto libero a fianco del mio amico e chiedo alla professoressa: Posso sedermi con lui?. Non l'avessi mai fatto. Ha iniziato ad urlare che non vede nessun Lui, che lì c'è seduta una Lei e che questa cosa non va bene. Ed ha iniziato a prendere di mira anche me. La stessa cosa è accaduta durante un consiglio di classe, quando la professoressa davanti ad una nostra osservazione sulla possibile bisessualità e transessualità di una persona è saltata in piedi urlando che «sono discorsi innaturali, insensati».
«Un giorno mi ha chiesto di uscire dalla classe e in corridoio ha iniziato a dirmi che sono una bella ragazza, che questo mio voler essere maschio sono capricci momentanei, che mi passerà - ricorda Federico -. A quel punto ho parlato con mio padre, che mi ha sempre capito e appoggiato, e che ha chiesto un incontro a tre con lei. E lei lì ha negato tutto. Però in classe e soprattutto nei voti, la storia non cambiava, mi ricordo un 1, un 2 e un 2,5 in tedesco. Non dico che ero un genio, ma prima che arrivasse lei la sufficienza la prendevo. E comunque, ho dovuto cambiare scuola e questo non è giusto. Per questo ho deciso di parlare perché ritengo ingiusto che un insegnate usi il suo potere, quello dei voti, per condannare una persona per le sue scelte».
Massimo Rossignati
© RIPRODUZIONE RISERVATA
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