LA POLEMICA
BELLUNO Nuovo braccio di ferro, in provincia di Belluno, tra sanitari

Sabato 8 Maggio 2021
LA POLEMICA
BELLUNO Nuovo braccio di ferro, in provincia di Belluno, tra sanitari no-vax e datori di lavoro. Sono una sessantina i dipendenti di Ulss e case di riposo della provincia che nelle ultime ore hanno presentato ricorso contro le lettere delle rispettive aziende che richiamano l'obbligo vaccinale imposto dal Decreto 44 del primo aprile scorso. Tra di loro non ci sono solo operatori sanitari ma anche infermieri e addirittura qualche medico. A rappresentarli l'avvocato Andrea Colle che ha già assistito un primo ricorso (perso e ora in fase di appello) contro la sospensione a cui erano andati incontro i dipendenti di alcune case di riposo del territorio che avevano deciso di non vaccinarsi.
LA PROCEDURA
Dall'entrata in vigore del decreto, Ulss e residenze sanitarie assistite hanno inviato i nomi dei propri dipendenti alla Regione e questi sono stati poi incrociati con la lista dei vaccinati, facendo emergere le persone che, per un motivo o per un altro, hanno rifiutato il vaccino. A Belluno ne sono stati individuati 370. Nella lettera, inviata dall'Ulss 1 Dolomiti, vengono concessi 5 giorni per spiegare il motivo di quel rifiuto. Scaduti i 5 giorni, vengono fissati gli appuntamenti per la vaccinazione. Coloro che non si presentano o che, per motivi personali, non vogliono vaccinarsi riceveranno altre due lettere. La prima dall'Ulss che li sospenderà dal servizio fino al 31 dicembre o fino a quando decideranno di vaccinarsi. La seconda dall'Ordine di appartenenza che li estrometterà dall'Albo per lo stesso periodo (tranne nel caso degli operatori socio sanitari che non ne hanno uno). Il ricorso, depositato dall'avvocato Andrea Colle, verterebbe sulla presunta illegittimità costituzionale del decreto aprile.
Davide Piol
© RIPRODUZIONE RISERVATA
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