La ndrangheta in Veneto

Sabato 6 Giugno 2020
IL PERSONAGGIO
Il vero capo non è Antonio Giardino detto Tatareddu che pure è il capo cosca, ma Nicola Toffanin, detto l'avvocato. Che è veneto al cento per cento, ma con la locale della ndrangheta non solo si intende a meraviglia, ma vorrebbe addirittura diventarne il capo, scalzando il calabrese Giardino. Originario di Occhiobello in provincia di Rovigo, dove è nato il 15 novembre 1966, Toffanin abita a Verona ed è la prova provata che aveva ragione Nunzio Perrella, il plenipotenziario della camorra in Veneto, quando diceva di essere venuto qui a imparare. Perché il Veneto è terreno fertile per le mafie, che qui secondo gli investigatori trovano imprenditori e professionisti disponibili. Come Luca Schimmenti, veronese e già vice Direttore della filiale veronese di corso Milano della Banca Popolare di Vicenza e attualmente funzionario presso la filiale di Lonigo di Banca Intesa SanPaolo o il commercialista Cesare Nicoletti, pronti a mettere le loro competenze al servizio dei disonesti.
INSOSPETTABILE
Ma c'è fra gli insospettabili anche uno come il pensionato Silvano Sartori, veronese purosangue, classe 1942, al quale la cosca aveva intestato la bellezza di 32 società: «Te ne manca una per fare 33, come gli anni di Cristo», si legge in una intercettazione. Sartori arrotondava la pensione senza farsi troppi problemi in qualità di amministratore unico, socio o liquidatore di queste società riconducibili a imprenditori sia calabresi che veneti, che stranieri, che servivano come cartiere per incassare l'Iva e per emettere false fatture.
Un gran lavoro per il pensionato Sartori, ma sempre un dilettante rispetto a Toffanin. L'ordinanza di custodia cautelare firmata dal Gip Barbara Lancieri lo descrive così: «Nicola Toffanin ha un ruolo di spicco nell'organizzazione. È un soggetto chiave, rappresenta un punto di riferimento per gli associati, quanto a pianificazione ed individuazione delle attività illecite da compiere, degli obiettivi da perseguire. Toffanin si occupa di stringere patti illeciti con amministratori locali e forze dell'ordine, di attuare piani ritorsivi nei confronti dei partecipi che contravvenivano alle regole, garantendo l'espansione del sodalizio; di estorcere il pizzo e di riscuotere con la violenza crediti rimasti insoluti». Insomma Toffanin è in tutto e per tutto il prototipo del mafioso made in Veneto. «Senza dire - aggiunge il Gip Barbara Lancieri - che è lui a tentare la scalata al potere, approfittando della malattia di Antonio Giardino».
FUORI POSTO
Il capo clan infatti è fuori posto nella Verona bene e si sente impacciato, mentre Toffanin non ha problemi a tessere la tela che avviluppa anche i politici oltre agli imprenditori. Nella sua rete era finito anche un notaio che però si è tirato indietro giusto in tempo. Ma Toffanin è il personaggio chiave anche nella vicenda dell'ex sindaco Flavio Tosi che, peraltro, sfiora pure il nuovo sindaco di Verona, Sboarina, il quale del tutto ignaro della caratura malavitosa di Toffanin e della cosca Giardino-Arena, lo incarica di bonificare il municipio. «Io alle l8 ho appuntamento con il nuovo inquilino dice Toffanin parlando al telefono con Angela Stella Sole, titolare dell'agenzia Veneta investigazioni - per fare una pulizia, capito? Allora non so se questo nuovo inquilino (intende il sindaco Federico Sboarina) eventualmente le pulizie le facciamo tramite te, però eventualmente la fattura fagliela fare al Teo (Gianmatteo Sole, fratello di Angela). Perché non vorrei che qua domani abbiamo due fatture, una dal vecchio inquilino (Tosi) e una con il nuovo (Sboarina). Diventerebbe imbarazzante, non trovi?».
Ma l'episodio più inquietante è del giugno del 2016 quando scattano gli arresti nell'ambito di una operazione promossa dalla Procura di Verona contro il clan dei Giardino. La comunicazione degli imminenti arresti viene passata tre giorni prima anche ai Ros dei carabinieri di Mestre ed ecco il colpo di scena. «In data 09.06.2016, la Guardia di Finanza di Verona dava esecuzione alla predetta ordinanza, facendo l'amara scoperta che Pugliese, Capicchiano e Alfonso Giardino erano riusciti a fuggire immediatamente prima della cattura. Si accertava, anzi, che di fatto tutti i componenti della famiglia Giardino si erano resi irreperibili». Dunque, qualcuno aveva messo sull'avviso chi doveva essere arrestato, favorendone la fuga. E le indagini hanno scoperto che era stato proprio Nicola Toffanin, l'avvocato. Ma chi gli aveva passato la dritta sugli arresti imminenti? Un luogotenente dei Carabinieri, Mario Arabia.
Maurizio Dianese
© RIPRODUZIONE RISERVATA
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