La manifestazione

Domenica 20 Ottobre 2019
LA GIORNATA
ROMA «Al governo abbiamo gente con le mani sporche di sangue» urla Salvini; «servono i muri, voglio un governo contro l'immigrazione clandestina» s'infiamma Giorgia Meloni. Schegge del sentimento che pervade la piazza del centrodestra anti Conte, mentre sul palco va in scena, sottile, una competizione tra Lega-Fratelli d'Italia, nascosta dietro il richiamo all'unità («vinceremo, ci prenderemo 9 regioni e manderemo il governo a casa» giura Salvini»). Alcuni riferimenti si ripetono, perfino più del «lasciateci votare»: forze dell'ordine, repressione, legalità, no tasse. E Patria. Sotto sventolano molti tricolori, ma forse altrettante bandiere della Repubblica Veneta («sono le nostre origini» si giustifica un leghista di Treviso) che colorano la manifestazione Orgoglio italiano. Ci sono perfino tre o quattro vessilli della Catalogna, alcuni lombardi, uno dell'Emilia, c'è uno striscione contro i rifugiati in inglese esposto dai seguaci di Orban (presidente ungherese lodato da Salvini), la maglietta di un signore di Predappio con il volto del Duce («ma qui non farò il saluto romano, non è il posto giusto» declinando in romagnolo la linea seguita anche da CasaPound presente in piazza).
UNITI
Salvini, Meloni e Berlusconi ripetono che il centrodestra deve essere unito, ma da 24 ore va avanti una polemica a distanza tra la Lega che ha monopolizzato il palco con i simboli e Fratelli d'Italia che ha risposto con una marea di bandiere (più di quelle della Lega), con enormi striscioni che dicono Mai con il Pd (e su quello sono tutti d'accordo), Mai con M5S (e su questo c'è chi ha peccato secondo Fdi), Con Giorgia. Dopo l'intervento della Meloni, tocca a Salvini, ma quelli in prima linea di Fratelli d'Italia casualmente se ne vanno. «E comunque - osserva la consigliere regionale Fdi del Lazio, Chiara Colosimo - nei nostri gazebo proposte c'erano molte più persone in fila di quelli della Lega»). Dettagli, certo. Nella piazza strapiena - ma forse non i 200mila dichiarati - i militanti vanno oltre le incomprensioni: la Meloni incassa applausi scroscianti dai salviniani, solo quando parla Berlusconi c'è chi sbuffa (un tempo sarebbe stato sacrilegio) per la lunghezza dell'intervento (anche se era stato lanciato da Salvini che gli aveva riconosciuto: «Berlusconi è un amico, ha inventato e fondato il centrodestra»). Dopo l'apertura con l'audio delle frasi della Fallaci, Salvini va sul prevedibile: il copia e incolla su Bibbiano, un fendente contro Renzi («i miei genitori sono incensurati»), l'occhiolino a sinistra («oggi qui ci sono tante donne e uomini che votavano a sinistra»), l'ormai quotidiano mattoncino per costruire la conquista di Roma («Raggi e Zingaretti sono il duo della sciagura, noi qui lasceremo tutto pulito ma dovrebbe pensarci la sindaca»). E il passaggio sull'immigrazione: «Io dico che meno partenze significano meno morti, quelli che fanno la genuflessione hanno le mani sporche di sangue». Ma il vero nodo è il centrodestra unito per le regionali a partire dall'Umbria (presente in forze). La Meloni, dopo avere scaldato il popolo del centro destra («una volta piazza San Giovanni era rossa adesso la riempiamo noi»), aveva incalzato: «Chiedo a Salvini e Berlusconi di dire mai con M5S e mai con il Pd. Questa è la mia firma su un patto anti-inciucio, chiedo che la mettiate anche voi». E Silvio? «Siamo qui per dire no al governo delle tasse, del giustizialismo e delle manette». Sul palco anche i governatori del centro destra (i più applauditi Fontana e Zaia). Marsilio di Fdi (Abruzzo) sfiora il frontale con il Quirinale: «Se avesse votato il popolo, non avremmo Mattarella presidente». Infine, ammiccamenti anti Euro, di Bagnai: «Euro? Di irreversibile c'è solo la morte».
Mauro Evangelisti
© RIPRODUZIONE RISERVATA
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