La Lega in panne pensa al dopo regionali: in caso di flop, un asse per Giorgetti leader

Mercoledì 5 Agosto 2020
La Lega in panne pensa al dopo regionali: in caso di flop, un asse per Giorgetti leader
LO SCENARIO
ROMA «Sei troppo esposto in prima linea, rischi che prima o poi ti facciano politicamente fuori, a volte dovresti fare un passo di lato». Il primo consiglio che, racconta un big' della Lega, Giorgetti fornisce spesso a Salvini è sulla strategia: evitare di diventare sempre il nemico da abbattere, meglio inabissarsi come un sottomarino - la tesi - che essere impallinato. Ed è lo stesso ragionamento arrivato in privato da altri suoi fedelissimi e pure dagli altri leader del centrodestra.
Ma no, Salvini non pensa ad alcuna retromarcia sulla linea oltranzista' portata avanti. «Io ho i voti. Prima o poi questo governo cade e solo chi ha fatto opposizione dura ne uscirà vincitore, basta con i giochi di palazzo». Semplici diversità di vedute naturalmente, nessuno strappo da parte del numero due del partito di via Bellerio che anche due giorni fa ha ripetuto a Milano Marittima di «voler giocare in porta, il bomber è un altro». Ma il punto di caduta ovviamente sono le Regionali. Se dovessero andare bene il Capitano' potrà silenziare anche i mal di pancia interni. Qualora, invece, l'esito del 20 e 21 settembre dovesse riservare sorprese al segretario allora è opinione comune tra i leghisti i giochi si riaprirebbero anche sulla leadership. Uno scenario che i fedelissimi di Matteo non considerano per ora. Lo descrivono come sereno e determinato, pronto a dare il meglio di sé in campagna elettorale, rivitalizzato rispetto a qualche mese fa. Tuttavia gli anti-Salvini già hanno pronto il piano. Da una parte c'è la vecchia guardia, quelli che vogliono riprendersi la Lega nord', che accusano l'ex ministro dell'Interno di avere imbarcato tutti, dagli ex forzisti ad amministratori con la fedina poco pulita, solo per avere qualche voto in più. Dall'altra ci sono quelli che nella Lega chiamano i «manovratori centristi», ovvero chi si muove, anche dentro FI e tra i poteri forti, per togliere dalla scena il Capitano. E infine quelli proprio nel partito che puntano ad una Lega normalizzata', che abbia rapporti con tutte le forze politiche, anche perché prima o poi si andrà sul proporzionale.
LO SMACCHIATORE
Il disegno che accomuna «tutti coloro che si agitano in tribuna», come osserva un big' del Carroccio, è portare Giorgetti a capo della Lega, in un ruolo di traghettatore'. La vecchia guardia lo considera come il trait d'union con il partito di ispirazione autonomista. Punta a cancellare qualsiasi «macchia sovranista». Fa proprie le parole dell'ex sottosegretario alla presidenza del Consiglio che ha rilanciato la battaglia cara a Zaia, anche se il governatore, irritato per i distinguo che arrivano nel centrodestra sul tema dell'autonomia, ha smentito qualsiasi frizione con Salvini. Il sospetto del cerchio magico' del Capitano è che dietro le voci di scissioni ci sia Maroni e non certo il numero due della Lega che non ha voluto fare un passo avanti neanche quando si ammalò Bossi. «Ma un conto è lo strappo che non avverrà, un'altra cosa sarà chiedere, quando sarà necessario, l'apporto di chi può essere un punto di equilibrio», spiega chi sta portando avanti l'operazione.
FATTORE DRAGHI
Chi sposa la tesi di un gioco in atto per mettere fuori Matteo dal sistema evoca pure il ritorno in campo di Draghi che dovrebbe aprire i lavori di Cl. Giorgetti in realtà sta lavorando alla partita sul Quirinale e non pensa affatto a sgambetti. Solo che i timori nella Lega sono legati ad un possibile logoramento della leadership del Capitano se il governo non andrà in tilt a settembre. È vero che Salvini non si sente affatto asserragliato nel fortino ma i sospetti conducono pure ad Arcore: «Berlusconi sta facendo il vecchio gioco divide et impera'», osserva un altro dirigente del partito di via Bellerio. La battaglia sulla leadership del centrodestra si giocherà sui consensi, su questo assunto c'è l'accordo tra le forze della coalizione. Ma gli alleati fanno la lista: c'è l'affaire Metropol, con l'eventualità che dietro ci sia lo zampino degli americani, la vicenda legata ai 49 milioni, gli affondi giudiziari sugli uomini più vicini all'ex vicepremier, il caso Gregoretti, quello della Open arms. E riassume un big' del centrodestra la somma è una sola: «In Europa e in Italia nessuno vuole affidare i miliardi Ue a Salvini. Non riuscirà a fare il candidato premier».
Emilio Pucci
© RIPRODUZIONE RISERVATA
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