LA GIORNATA
ROMA La discontinuità sono io, sembra dire Giuseppe Conte. Anche

Domenica 25 Agosto 2019
LA GIORNATA
ROMA La discontinuità sono io, sembra dire Giuseppe Conte. Anche se aggiunge: vengono prima i programmi riformatori, poi le persone. La verità è che per la futura alleanza rosso-gialla già si sta cercando un premier terzo, anche se con una mossa tattica il Partito democratico proporrà come premier Roberto Fico. Il presidente della Camera, dalla spiaggia di San Felice Circeo, si è limitato a commentare: «Io premier? Amo il mio ruolo, mi piacerebbe mantenerlo». La trattativa si è arenata su Conte ma non finirà con Conte. Siamo ancora in una fase di stallo, mentre il tempo passa rapidamente e il capo dello Stato aspetta risposte chiare. Il muro contro muro è quello sintetizzato da Di Maio che pone come condizione irrinunciabile la conferma di Conte a Palazzo Chigi, il premier dimissionario che frena e dice che i nomi sono meno importanti dei programmi, Zingaretti che prepara le contromosse con la carta Fico indigesta al capo politico M5S.
SUSSULTI
Cosa è successo? Venerdì sera Di Maio alla cena con Nicola Zingaretti dice: l'accordo si fa solo se il presidente del Consiglio è Conte. Il premier uscente, ieri, afferma il contrario nel passaggio sui programmi che valgono più dei nomi. Il segretario del Pd, sempre ieri, ripete che serve discontinuità: no a Conte. Con una postilla: no a un governo guidato da Di Maio, se qualcuno ci sta pensando. In questa fase di impasse, c'era molta attesa per sentire cosa il presidente del Consiglio avrebbe detto da Biarritz, al vertice dei G7. Chi si aspettava un passo indietro è rimasto deluso, sarebbe tra l'altro apparso sorprendente visto che sul nome di Conte c'era stata la benedizione di Grillo venerdì pomeriggio. Il premier dimissionario semmai ha sottolineato di avere tagliato per sempre i suoi rapporti con la Lega. Come dire, la discontinuità c'est moi: «Per me la stagione politica con la Lega è chiusa e non si può riaprire più per nessuna ragione». Dentro i 5 Stelle c'è chi vede in questa presa di posizione di Conte (che spesso si sente via WhatsApp con Grillo) lo sviluppo naturale del discorso denso di accuse a Salvini in Senato. E ha un doppio significato: offre al Pd garanzie sul fatto che il secondo forno è chiuso, mette in difficoltà Di Maio che invece la porta al vicepremier leghista non l'ha mai chiusa. Ancora Conte: «Alcuni temi li ho espressi al Senato. L'Italia ha bisogno di un grande progetto riformatore».
CHIAREZZA
Zingaretti ripete e fa ripetere ciò che sta dicendo da giorni: l'accordo con il Movimento 5 Stelle è molto difficile e certo non può partire da un governo in cui c'è lo stesso presidente del Consiglio che ha guidato un esecutivo con Salvini ministro dell'Interno e la Lega in maggioranza. In fondo, è l'altra faccia delle medaglia dell'irritazione lasciata trapelare ieri dal partito di Salvini con questa frase: «Lo stesso Conte che per un anno ci ha aiutato a fermare i barconi e a chiudere i porti, in una settimana passa dalla Lega al Pd? Che tristezza». Andrea Marcucci, presidente dei senatori dem, preferisce sottolineare la parte del discorso di Conte che segna la chiusura, da parte del Movimento 5 Stelle, del forno leghista: «Bene che l'esperienza con la Lega sia finita e non ripetibile. Accolgo il suo invito a lavorare ad un progetto riformatore e a non fermarsi sui nomi». Qualcuno in ordine sparso si schiera a favore del Conte bis, come Tommaso Cerno, ma il Pd gioca la carte Fico per sparigliare le carte e arrivare un nome terzo. Ieri pomeriggio i big della maggioranza interna del Pd si sono visti in una casa, in centro, per decidere le prossime mosse. C'erano Paolo Gentiloni, Dario Franceschini, Marco Minniti, Paola De Micheli, Andrea Orlando, Maurizio Martina, Piero Fassino e Gianni Cuperlo. Per oggi il Partito democratico ha confermato che saranno riuniti sei tavoli tematici sulle da illustrare al confronto con i 5 Stelle. Martedì ricominceranno le consultazioni, ma soltanto se finalmente ci sarà chiarezza in questa confusa trattativa. Non resta molto tempo. E Matteo Renzi avverte: «Salvini è quasi ko. Mi auguro che adesso prevalga la responsabilità. E che si pensi all'Italia, non all'interesse dei singoli».
Mauro Evangelisti
© RIPRODUZIONE RISERVATA
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