La difesa di Franceschi: «Noi all'oscuro di tutto, pagavamo regolarmente»

Martedì 27 Luglio 2021
L'AZIENDA
PADOVA Nessuna licenziamento o allontanamento. Anzi. Il presidente di Grafica Veneta, Fabio Franceschi, che non risulta coinvolto nell'inchiesta, esprime «la solidarietà ai collaboratori citati in questa vicenda» e ne sottolinea «la piena stima e il completo supporto».
Il numero uno del colosso editoriale di Trebaseleghe, nell'Alta Padovana, ieri non ha voluto parlare, ma ha affidato a un comunicato stampa il suo commento sull'operazione Pakarta dei carabinieri, che ha visto protagonista la sua azienda.
LA NOTA
«Grafica Veneta - esordisce - ha preso atto con rammarico e sorpresa delle notizie sul suo coinvolgimento» nel blitz anticaporalato condotto dai carabinieri, che ha portato agli arresti domiciliari per due suoi manager.
Franceschi precisa che «la società che gestiva l'appalto è interessata ad altri analoghi appalti non solo in Veneto, ma anche in altre regioni del Nord Italia; infatti le prestazioni di BM in favore di Grafica Veneta rappresentano una modestissima parte del totale dell'attività svolta proprio nel settore grafico, da questa società».
«Grafica Veneta - sottolinea quindi ancora una volta il presidente - era del tutto all'oscuro di quanto sembrerebbe emergere dall'inchiesta, e del resto l'oggetto della contestazione ai suoi funzionari riguarda solo ed esclusivamente un asserito ostacolo all'indagine, ostacolo che non è mai stato posto dalla società, che intende invece collaborare con le forze dell'ordine e la magistratura per il ripristino della legalità in primis e quindi della verità».
«PUNTUALI E PRECISI»
Franceschi infine ribadisce che «Grafica Veneta ha sempre onorato con puntualità agli accordi economici con tutti i propri fornitori e così anche con gli appaltatori, mettendoli in grado a loro volta di onorare gli impegni che questi hanno con le loro maestranze, e di questo ne ha sempre fatto un vanto».
LE MISURE CAUTELARI
L'amministratore delegato e il direttore dell'area tecnica dell'azienda, Giorgio Bertan, 43 anni, e Giampaolo Pinton, 60, sono tra gli 11 arrestati dai carabinieri di Padova, coordinati dal pubblico ministero Andrea Girlando, nell'operazione Pakarta. Il Gip del tribunale di Padova, Domenica Gambardella, ha disposto per loro gli arresti domiciliari con l'accusa di sfruttamento del lavoro. Inoltre, senza l'autorizzazione dell'autorità giudiziaria, i due non possono avere contatti con persone diverse da quelle che si prendono cura di loro, ovvero famiglia e avvocati.
Come si legge nell'ordinanza per quanto concerne le posizioni di Bertan e Pinton, appare evidente che le scelte di avvalersi di un sistema simile è frutto di una ben ponderata valutazione di convenienza economica avvalorata dal convincimento di non poter essere scoperti proprio grazie alle pressioni e al controllo costante posto in essere dalla coppia Badir padre e figlio e i loro stretti collaboratori.
Il giudice sottolinea l'esigenza cautelare nei confronti di tutti: Evidente infatti è il pericolo di recidiva di tutti gli indagati.
Gli inquirenti hanno tenuto a specificare che il fatto di aver disposto gli arresti domiciliari ai due italiani, a differenza del carcere per i cinque pakistani, è dovuta non alla volontà di consentire un trattamento più favorevole, ma per il fatto che i due sono accusati solo di sfruttamento del lavoro, diversamente dagli stranieri che hanno invece anche lesioni, rapina, sequestro di persona ed estorsione.
Marina Lucchin
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