La Consulta sulle unioni civili: niente modifica dei dati anagrafici

Mercoledì 10 Ottobre 2018
La Consulta sulle unioni civili: niente modifica dei dati anagrafici
LA NORMA
ROMA Era un diritto «speciale» per le coppie unite da unione civile che, nell'idea originaria, si applicava automaticamente anche ai figli: la possibilità di annotare all'anagrafe e in tutti i documenti il doppio cognome assunto da uno dei due partner. Ieri, però, la Corte costituzionale, si è allineata all'interpretazione «restrittiva» contenuta nei decreti delegati che hanno dato attuazione concreta alla legge Cirinnà, del 2016. Nessun automatismo nel doppio cognome, che potrà essere citato nell'atto di unione, ma non avrà valore legale né «d'uso» come quello previsto per i matrimoni, hanno detto i giudici delle leggi, respingendo il ricorso presentato dall'avvocato Stefano Chinotti dell'associazione Rete Lanford Lgbt.
LA STORIA
A chiedere la trascrizione all'anagrafe del doppio cognome era stato Gianluca Zoffoli, unito civilmente a Giovanni Giovannini. La loro è stata la prima unione celebrata in Italia nell'estate 2016, subito dopo l'approvazione della legge e prima ancora che arrivassero, appunto, i decreti delegati: «Il nostro sindaco, di Lugo - racconta oggi Zoffoli - ci teneva particolarmente e a noi piaceva sposarci il giorno di San Giovanni, il 24 giugno. Siamo stati talmente pionieristici che i moduli che abbiamo compilato erano quelli del matrimonio». Alla celebrazione civile, arrivata dopo 11 anni di convivenza, Zoffoli ha fatto seguire la trascrizione del secondo cognome per tutti i documenti, incluso un porto d'armi e il passaporto. Nessun problema finché, a febbraio 2017, con una raccomandata, il comune gli fa sapere che tutte le modifiche saranno cancellate, «come previsto dai decreti»: «Abbiamo fatto ricorso alla Consulta e anche dopo questa sentenza mi chiedo se davvero sia finita - spiega - per noi è una battaglia importante, ma ad essere sconfitti non siamo noi ma le tante coppie, in maggioranza etero, che non potranno avere questo diritto».
La trascrizione del doppio cognome, previsto in alcuni paesi europei tra i quali la Germania, avrebbe creato per le unioni civili un regime tutto particolare e diverso da quello dei matrimoni. Dopo la riforma del codice di famiglia del 1975, infatti, la moglie (e solo la moglie) può aggiungere al proprio cognome quello del marito e fare istanza perché venga citato nel passaporto. Un doppio cognome «d'uso» che non viene, però, registrato all'anagrafe e non compare nella carta d'identità.
«La sentenza della Corte Costituzionale, se pur per la prima volta certifica la validità della legge sulle unioni civili, purtroppo salva i decreti attuativi», dice il portavoce del Gay center Fabrizio Marrazzo: «Un passo indietro rispetto alla legge sulle unioni civili ed i diritti delle coppie lesbiche e gay».
Sara Menafra
© RIPRODUZIONE RISERVATA
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