LA CERIMONIA
VO' (PADOVA) Qui niente che riguardi il virus può passare invano.

Lunedì 22 Febbraio 2021
LA CERIMONIA VO' (PADOVA) Qui niente che riguardi il virus può passare invano.
LA CERIMONIA
VO' (PADOVA) Qui niente che riguardi il virus può passare invano. Non lo strazio dei morti. Non la piazza spettrale, non il cordone sanitario con i militari. È un anno dal momento in cui tutto è cominciato, con i parenti e gli amici dei compagni di briscola della Locanda al Sole caricati di notte in ambulanza e portati a fare i tamponi, mentre Adriano Trevisan moriva. Eppure Vo' ieri ha testimoniato come una disgrazia lo abbia fatto diventare l'antivirus dell'Italia, prima ancora dei vaccini.
L'ESPERIMENTO
Lo hanno ricordato gli scienziati, il professor Andrea Crisanti e Stefano Merigliano, i due protagonisti del primo lockdown italiano, tremila e trecento residenti sigillati per due settimane. «Il risultato - ha detto Crisanti collegato da Londra - fu che il 3 per cento degli abitanti risultò positivo e che 80 persone lo erano pur essendo del tutto asintomatiche. Ma lo stavano portando in giro». L'isolamento salvò il paese e mostrò la strada alla nazione. Un laboratorio umano dunque. «Al secondo tampone c'erano solo 6-7 nuovi casi sfuggiti al primo. Ma nessun caso di trasmissione nonostante galoppasse in Italia. La chiusura aveva funzionato. In seguito abbiamo avuto conferma che gli anticorpi sviluppati immunizzano ancora dopo 9 mesi. Venti persone sono entrate in contatto con infetti e non si sono ammalate. Ecco perchè dico che ormai siamo alla vigilia di una terza ondata e bisognerebbe richiudere tutto. Proprio per preservare il vaccino da altre varianti più resistenti alla sua efficacia. Ma se facciamo circolare la variante inglese che oggi è già al 35 per cento dei casi dovremo raggiungere l'immunità di gregge dal 75 all'80 per cento della popolazione cioè da 40 a 44 milioni. Significa ripartire da zero come se i primi 3 milioni non li avessimo fatti».
LA POLEMICA
Affermazioni ridimensionate più tardi da Merigliano. «Non credo che siamo alla vigilia di una terza ondata, facciamo fatica a spegnere la seconda perché la gente è stanca. Dunque appena si cerca di aprire viene meno il senso civico: ma la pandemia non è finita e i vaccini hanno bisogno di tempo, anche se sono state fatte 3 milioni e mezzo di dosi. L'immunità di gregge? È tutta da dimostrare. Anche quando abbiamo l'influenza non la raggiungiamo. Invece dobbiamo imparare a convivere con questo virus avendo la certezza che non ci ammaleremo gravemente o affatto perchè siamo protetti dal vaccino».
IL GOVERNATORE
«Grazie per la sofferenza che avete sopportato, non avrei mai pensato di vivere un tale incubo. E mai avrei pensato di firmare un'ordinanza che chiudeva i confini comunali, con militari in tuta mimetica. Però mai abbiamo fatto uno screening di questo genere» ha ricordato il presidente della Regione Luca Zaia. «E l'ho deciso io quel giorno stesso bloccando il paese anche se mi dicevano di non testare tutti. Oggi la vera partita è quella delle varianti, delle mutazioni. Dobbiamo puntare tanto sulle vaccinazioni, vera via d'uscita».
Il primo pensiero del sindaco Giuliano Martini è andato a Codogno. E si è collegato con Francesco Passerini, primo cittadino del Comune lombardo. Poi la visita davanti al municipio dove c'è un enorme cuore tricolore, quasi 30 chilometri di filo all'uncinetto, 26 metri quadrati di superficie. Opera di 14 volontarie della De Leo Fund che aiuta le persone in difficoltà. E infine l'ulivo piantato alle porte del paese, con un verso di Foscolo: Un uomo non muore mai se c'è qualcuno che lo ricorda. Niente passerà invano.
Mauro Giacon
© RIPRODUZIONE RISERVATA
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