L'ultimo atto su Facebook: il messaggio agli italiani scavalcando il Palazzo

Mercoledì 27 Gennaio 2021
IL PERSONAGGIO
ROMA Cala il sipario a Palazzo Chigi. E Conte si appella al Paese. Torna alla comunicazione populista, adotta il format casaliniano in purezza, anche se l'idea originaria era quella di fare un video-appello alla nazione ma poi dev'essere sembrato troppo. E' parsa un'esagerazione che non sarebbe stata presa bene nelle alte sfere istituzionali, a cominciare dal Colle che è quello che dovrebbe ridare l'incarico all'Avvocato. Di nuovo Avvocato del Popolo. Nel post su Facebook, per appellarsi al Parlamento in cerca d'aiuto, per sollecitare in extremis quei voti in Senato che ancora non ci sono, ma di fatto bypassando la comunicazione tradizionale per mostrarsi alla «gente» come la vittima delle manovre politicanti, come il puro, laborioso e infaticabile in un mondo politico che ha paura dei migliori.
RIFUGIO E BALSAMO
Parla al Palazzo ma in realtà parla al popolo il premier dimissionato. Riscopre quella sua natura da Conte in gialloverde, quando diceva che «se rivolgersi al popolo è da populisti, ebbene io sono populista». Ora è in format salvatore della patria.
I social come rifugio e come balsamo. Ma anche come ricominciamento. Ovvero: rivolgersi alla «gente» è il primo passo, per Conte per testare la propria popolarità e per vedere l'effetto che fa, nei like, il comune cittadini che si carica sulle spalle i destini della nazione ma viene azzoppato dalla politica più infida e irresponsabile. Il partito di Conte che ci sarà, oppure no, ha provato l'antipasto di ciò che potrebbe essere e si è proposto via post, pur non essendoci ancora in natura, per verificare in prospettiva le proprie potenzialità.
Si è proposto come il San Sebastiano trafitto dalle frecce l'Avvocato del Popolo di ritorno. Ma sempre lui, non nel posto ma nel consiglio dei ministri ieri mattina, ha sfoggiato invece un format da politico consumato e da inquilino di Palazzo, come gli altri intento a litigare, a offendersi, a colpire, quando ha detto ai colleghi nell'ultima riunione a Palazzo Chigi per «un arrivederci che non è un addio»: «Renzi mi voleva buttare giù già un anno fa, prima della pandemia», avverte Conte rivolto a Franceschini, a Di Maio e agli altri. «E questo - aggiunge - dobbiamo tenerlo presente». Ovvero: attenti che se vi mettete con Renzi, lo scorpione prima o poi punge a morte anche voi e pensateci bene prima di passare da me a lui.
Un Conte double face, dunque, nel giorno del congedo. Salvatore della patria nel post per i social e velenoso giocatore politico nel chiuso del Palazzo. Il Conte social vuole dire alla nazione che la sua partita è appena cominciata e chi mi ama mi segua. E più che un social-saluto è una social chiamata alle armi. Un po' da ultima spiaggia.
L'amarezza e il rimpianto - «Abbiamo fatto cose inimmaginabili» - ma anche, appena sceso dal Colle, le iniezioni di coraggio e di combattività. Ed ecco il premier che, dopo aver visto la Casellati e Fico, s'immerge a Palazzo Chigi nel balsamo dei dispacci d'agenzia che gli dicono questo: «Swg, la popolarità di Conte non è stata scalfita dalla crisi». Un sorriso, sempre amaro, ma sorriso. Dunque facciamo il video-appello al popolo e sobilliamo le piazze, ammesso che esistano? No, la tentazione viene frenata. Anche perché è in corso una girandola di telefonate, in questo ultimo giorno che lui non intende come tramonto ma come possibile o improbabile nuova alba, ma tutto dipende dal responso dei responsabili che non sta proprio arrivando. «Allora ci sono? E quando escono allo scoperto questi volenterosi?», chiede Conte ripetutamente, fino a tarda notte. Con ansia crescente.
LA PISTOLA
Ma ha evitato, in una giornata così particolare, quei mini bagni di folla che si concede di solito, perché lo potrebbero inebriare e deconcentrare. Meglio il post populista. Accarezzando nella tasca la pistola del partito personale, quell'arma da fine del mondo ma a rischio cilecca.
Mario Ajello
© RIPRODUZIONE RISERVATA
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