L'INDAGINE
VENEZIA Quando gli investigatori del Noe sono entrati nel capannone

Venerdì 19 Aprile 2019
L'INDAGINE
VENEZIA Quando gli investigatori del Noe sono entrati nel capannone non credevano ai loro occhi: accatastate alla rinfusa c'erano 24 bare e tre cofani di zinco, ma soprattutto i resti umani di altrettanti defunti, molti dei quali in avanzato stato di decomposizione. Ma cosa ci facevano quei corpi nell'area artigianale di Scurelle, in provincia di Trento? La risposta ha dell'incredibile. L'italianissima cooperativa sociale trentina incaricata dai Comuni di mezzo Veneto di trasportare le salme estumulate dai cimiteri dopo 20 o 25 anni, invece di portarle direttamente al crematorio, le depositava nel capannone di Scurelle e qui separava le spoglie dei defunti dalle casse funebri, che venivano ricollocate in sacchi di nylon, sigillate e riposte in delle scatole di cartone. Così facendo la coop abbatteva i costi di cremazione di quasi 400 euro a salma. I carabinieri del Noe di Trento, dopo il blitz di mercoledì scorso, hanno denunciato il presidente dell'attività per vilipendio di cadavere e gestione illecita di rifiuti mentre per le spoglie dei defunti, provenienti dai cimiteri di Venezia, Padova, Treviso e Vicenza, è stato autorizzato lo spostamento nell'area cimiteriale del comune trentino in attesa del trasferimento nei forni crematori.
IL BLITZ
L'ispezione degli investigatori del Noe è scattata dopo un primo intervento della polizia locale della Valsugana i cui agenti, per nulla convinti delle vaghe spiegazioni fornite dai tre lavoratori individuati nel capannone, apparentemente in stato di abbandono, hanno avvertito degli odori sgradevoli e sospetti che provenivano dall'interno dello stabile. A quel punto i carabinieri del Noe di Trento e dei colleghi della compagnia di Borgo Valsugana, assieme agli ispettori dell'Ufficio Igiene, hanno proceduto con il controllo e individuato le 24 bare, accatastate una sopra l'altra, al cui interno c'erano ancora i corpi, o ciò che ne restava, dei defunti estumulati.
IL SISTEMA
Nel corso del controllo sono stati acquisiti documenti amministrativi grazie ai quali è stato ricostruito il volume dell'attività della cooperativa trentina: negli ultimi mesi sarebbero transitate dal capannone di Scurelle più di 300 salme. «Stiamo procedendo con le verifiche sentendo i familiari dei defunti e i responsabili delle aree cimiteriali da cui provenivano le bare - spiega il luogotenente Renato Iannello, comandante del Noe di Trento -. La cooperativa era in possesso delle autorizzazioni per il trasporto dei defunti, ma le modalità del gestione erano anomale: le casse funebri venivano sezionate e separate dalle parti metalliche e poi smaltite nei centri della zona, mentre le spoglie finivano in dei contenitori di nylon e cartone: il vantaggio economico era determinato dai minori costi di cremazione, che passavano da 800 a 400 euro». La Procura Distrettuale di Trento ha subito disposto il sequestro del capannone di Scurelle. Netta però la posizione del presidente della cooperativa, secondo il quale non c'era nulla di irregolare nell'attività svolta. «Lo smaltimento dei rifiuti, come documentato, è sempre stato regolare - spiega l'avvocato Stefano Frizzi -. Il mio assistito ha solo eseguito quanto richiesto dai familiari alle pompe funebri, concordando il trasferimento alla cremazione della bara con le spoglie mortali oppure la traslazione, che prevede la separazione dei resti del defunto dalla cassa di legno e di zinco: è un'operazione che va fatta, che viene chiesta dai familiari e che non è eseguita con intento doloso di vilipendere il cadavere».
Alberto Beltrame
© RIPRODUZIONE RISERVATA
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