L'INCHIESTA
MILANO Un nome alla volta, come il puzzle di un intrigo internazionale,

Mercoledì 17 Luglio 2019
L'INCHIESTA
MILANO Un nome alla volta, come il puzzle di un intrigo internazionale, e il tavolo dell'hotel Metropol si completa. Da una parte i funzionari russi, dall'altra tre italiani: il leghista Gianluca Savoini, l'avvocato Gianluca Meranda e il suo collaboratore Francesco Vannucci, consulente bancario. Gli ultimi due si sono fatti avanti da soli, rivelando la propria identità, e poiché la questione è alquanto scivolosa la procura sta verificando se davvero siano stati loro a negoziare la compravendita di gasolio dalla quale sarebbero stati retrocessi 65 milioni di dollari destinati al Carroccio. In ogni caso, la pista dei soldi dell'affare russo una risposta l'avrebbe già data. «L'accordo è andato in porto», sostengono gli inquirenti sulla base della documentazione fin qui acquisita.
COOPERAZIONE
«Sono indagini complesse, difficili, lunghe, laboriose», riflette il procuratore capo Francesco Greco. Nei prossimi giorni sarà ascoltato dai magistrato l'avvocato Gianluca Meranda, mentre «non sarà necessario» convocare il vicepremier e segretario del Carroccio Matteo Salvini. E per l'invio della rogatoria internazionale, spiega Greco, «ci vorrà parecchio tempo, deve essere tradotta». In ogni caso il Cremlino fa sapere di essere disposto a collaborare nelle indagini: «C'è una base giuridica per la cooperazione che può essere attivata in qualsiasi momento su richiesta delle parti», afferma Dmitri Peskov, il portavoce del premier Vladimir Putin. Ribadendo però che il governo di Mosca non ha mai fornito denaro: «Come abbiamo già detto, nessuno di noi dalla Russia ha mai dato sostegno finanziario ad alcun politico o partito politico in Italia. Non c'è nessun dubbio». L'ipotesi alla quale stanno lavorando i pm milanesi, che hanno aperto un fascicolo per corruzione internazionale, è che nelle casse del Carroccio siano confluiti fondi neri mediante un'operazione di compravendita di gasolio orchestrata da Savoini e funzionari russi. Che avrebbero ricevuto una cifra pari al 2% dello sconto sull'acquisto della partita, mentre il 4% sarebbe andato alla Lega. Un affare che, stando alla conversazione registrata al Metropol il 18 ottobre 2018 in possesso dei pm, coinvolgerebbe anche personaggi di alto livello come l'ex deputato di Russia unita Vladimir Pligin, ipotesi dalla quale tuttavia il Cremlino prende le distanze. «Lo conosciamo abbastanza bene - rimarca Peskov - ma non sappiamo quale sia il suo ruolo in questa conversazione che ha avuto luogo in un hotel, ed è una questione che non ci riguarda». Durante la presunta trattativa sono proprio gli interlocutori russi a spiegare agli italiani che, senza la «luce verde» di Pligin in quel momento assente da Mosca, l'affare non sarebbe potuto partire. Si tratta «solo di rumor», sostiene il portavoce di Putin. E a proposito degli stretti rapporti tra Pligin e il vice premier con delega al petrolio e al gas Dmitri Kozakquando, che secondo i media russi sono stati compagni di università e hanno fondato insieme una società giuridica negli anni 90, taglia corto precisando che è «una questione loro personale» e che al Cremlino non sanno «nulla di questo». A chi solleva dubbi sull'utilizzabilità dell'audio in un processo, risponde Greco: «È stato acquisito con un normale verbale».
NONNO FRANCESCO
Intanto si fa avanti il terzo uomo: «Il Francesco del Metropol sono io», sostiene Vannucci in una mail. E spiega: «Lo scopo dell'incontro era prettamente professionale e si è svolto nel rispetto dei canoni della deontologia commerciale. Non ci sono state situazioni diverse rispetto a quelle previste dalle normative che disciplinano i rapporti d'affari. Sono profondamente dispiaciuto di essere indicato in modo a volte ironico, a volte opaco, con lo pseudonimo di nonno Francesco. Confido nella serietà della magistratura italiana nel capire le chiare dinamiche di questa vicenda». Originario di Suvereto, in provincia di Livorno, 62 anni, Vannucci si dice «rammaricato» di dover mettere a rischio la privacy sua e della sua famiglia. Dopo i controlli sulla sua identità sarà convocato dai magistrati, che stanno ricostruendo l'ambiente nel quale sarebbe maturata l'operazione: agli atti c'è anche una foto del 17 ottobre che ritrae Savoini accanto all'ideologo sovranista Aleksandr Dugin e trapelano indiscrezioni di un ulteriore audio da acquisire. In tutto ciò, tramite il suo avvocato Lara Pellegrini, Savoini fa sapere: «Sono sereno». Si è avvalso della facoltà di non rispondere, ma «se durante l'inchiesta ci sarà un deposito di documenti in relazione a qualche attività istruttoria, potremmo anche decidere di rendere interrogatorio», anticipa il legale.
Claudia Guasco
© RIPRODUZIONE RISERVATA
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