L'emergenza sanitaria

Martedì 18 Febbraio 2020
IL CASO
ROMA Gli Stati Uniti hanno rotto gli indugi. Per primi hanno iniziato le evacuazioni dei loro connazionali dalla Diamond Princess. La nave, lazzaretto galleggiante, ancorata nel porto di Yokohama, dove i contagiati dal Coronavirus, ieri, erano saliti ad almeno 454. Tra di loro ci sarebbe anche un italiano di Miami. Da tempo risiede in Florida e così è stato portato via con 300 americani. E adesso tocca all'Italia. Il nostro governo si sta muovendo per riportare a casa i 35 bloccati a bordo e invierà al più presto un volo speciale, ha confermato il ministro degli Esteri Luigi Di Maio.
LA SITUAZIONE
Il punto sulla situazione dei 35 italiani bloccati sulla nave da crociera è stato fatto dalla task force sul Covid-19 riunita ieri al ministero della Salute. Il quadro è ogni giorno più complicato, perché i numeri dei contagiati a bordo continua a crescere (99 gli ultimi registrati) a fronte dei circa 1.700 passeggeri testati sui 2.600 complessivi, esclusi i circa 1.100 dell'equipaggio. Tra gli infetti al momento non risulta nessuno dei nostri connazionali, ma secondo il ministro Di Maio «non c'è più tempo da perdere», quindi il governo «sta lavorando perché un Boeing parta» per portarli a casa «il prima possibile». Con un'operazione analoga a quelle che nei giorni scorsi hanno permesso il rimpatrio dei connazionali da Wuhan.
I RIMPATRI
Non tutti gli italiani però lasceranno la Diamond. Alcuni dei 25 membri dell'equipaggio, incluso il comandante, resteranno a bordo per governare la nave, ha fatto sapere il commissario per l'emergenza Angelo Borrelli, aggiungendo che gli altri rientreranno insieme con i passeggeri, una decina. Con loro viaggeranno anche cittadini di altri paesi europei, «appena avremo chiaro quanti posti ci saranno a disposizione sull'aereo», ha aggiunto il capo della Protezione Civile. Quanto alla tempistica, il capo dell'Unità di crisi della Farnesina, Stefano Verrecchia, ha osservato che una finestra utile potrebbe essere dal 19 febbraio, giorno in cui è prevista la fine della quarantena a bordo, al 21 febbraio. La quarantena per gli italiani si riproporrà una volta rientrati, in una struttura da definire, probabilmente la Cecchignola.
L'ITALOAMERICANO
È ancora da chiarire la situazione dell'italiano residente negli Stati Uniti perché sposato con una cittadina americana, anche lui parte del gruppo di crocieristi della Diamond. Potrebbe avere contratto il Coronavirus insieme ad altri quattordici americani che sono risultati positivi al test. Di certo, durante il volo di rientro, anche lui ha viaggiato in un'area di contenimento. L'italiano, con doppia cittadinanza, classe 65, è tornato negli Usa insieme a circa 300 americani saliti su due voli charter diretti in Texas e in California bisognerà attendere notizie più precise sulla sua condizione. Per quelli che sono sbarcati ma non risultano infetti è stata decisa comunque una quarantena supplementare di due settimane. L'operazione di rimpatrio degli Stati Uniti è l'unica che finora si è di fatto conclusa.
A BORDO
Dei circa 380 che attualmente si trovavano a bordo della Diamond, oltre a coloro che hanno approfittato del ponte aereo, quaranta sono stati trasferiti in un ospedale giapponese dopo essere risultati infetti, mentre altri quaranta hanno deciso di restare a bordo, giudicando tardiva l'iniziativa di Washington e considerando più sicuro continuare a vivere blindati in cabina, sperando che la quarantena effettivamente termini a breve.
Oltre all'Italia, anche Australia, Canada, Corea del Sud, Hong Kong e Taiwan hanno avviato i piani di evacuazione per portare via diversa centinaia di passeggeri nel complesso. Nel frattempo, per i forzati a bordo, le autorità giapponesi hanno fornito duemila iPhone, uno a cabina, con i quali i passeggeri bloccati potranno accedere ad un'app creata dal Ministero della Salute per comunicare con medici, farmacisti e psicologi. Un altro modo per provare ad alleggerire un'attesa sempre più sfibrante, nonostante l'ora d'aria sul ponte, l'accesso ai social e i film on-demand.
L'allarme resta alto: Sylvie Briand, direttore Global Infectious Hazard Preparedness dell'Organizzazione mondiale della sanità, spiega: «Le misure di controllo» della diffusione di un virus «su una nave sono difficili, perché ci sono diversi fattori da valutare, lo abbiamo visto in altre situazioni, in cui ad esempio si sono diffusi norovirus. Non è quindi un pericolo specifico per la Covid-19».
Giuseppe Scarpa
© RIPRODUZIONE RISERVATA
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