L'emergenza in Veneto

Domenica 23 Febbraio 2020
L'emergenza in Veneto
LA SITUAZIONE
MARGHERA Si fa presto a dire: niente panico. È in Veneto che c'è stato il primo morto per coronavirus in Italia. È in un paese di 3400 anime, Vo' Euganeo, poco distante da Padova, che al momento si registra l'epicentro del contagio con ben 12 contagiati compresa la vittima. Perché il numero dei contagiati in Veneto ieri sera è salito a 16. Gli altri 4 sono stati analizzati all'ospedale di Mirano: uno è un uomo di 67 anni residente a Mira e ora ricoverato in Rianimazione a Padova, gli altri tre sono operatori sanitari. E siamo ancora senza paziente zero, nome in codice per definire l'untore, la persona che ha portato il virus dalle nostre parti e l'ha fatta diffondere. Il governatore del Veneto ammette: «Sì, sono preoccupato - dice Luca Zaia che in mattinata ha ricevuto la telefonata del capo dello Stato Sergio Mattarella -. Dico anche che dobbiamo avere una gestione perfetta perché la mole delle richieste potrebbe essere tale da mandare in tilt gli ospedali». L'invito delle autorità è di non diffondere il panico. «Non c'è motivo di lanciare allarmismi», tenta di rassicurare il ministro pentastellato Federico D'Incà. Ma la verità è che, ancora, non c'è una cura. E quindi bisogna stare attenti: lavarsi sempre le mani, chiamare il medico di famiglia se si accusano febbre e problemi respiratori, usare fazzoletti usa e getta e nel caso starnutire dove non l'abbiamo mai fatto: nell'incavo del gomito. Intanto l'ospedale di Schiavonia resta blindato, a Vo' Euganeo non si entra, non si esce e manco si va a messa, a Mira il consiglio è di evitare luoghi affollati e di non toccare occhi naso e bocca con le mani. L'ordinanza diffusa ieri dal ministro della Salute Roberto Speranza d'intesa con il governatore Luca Zaia evoca un clima da guerra. O da peste ai tempi della Serenissima. La domanda è: basterà lavarsi le mani ed evitare i luoghi affollati per non venire contagiati?
IL GIALLO DEI 12 GIORNI
L'emergenza veneta è scoppiata in un niente. Il pomeriggio di venerdì 21 febbraio si viene a sapere di due casi conclamati a Vo' Euganeo. Tempo una manciata di ore e il più anziano dei due uomini, Adriano Trevisan, 77 anni, impresario edile, padre dell'ex sindaco del paese Vanessa, muore. I due si conoscevano, frequentavano lo stesso bar di fronte al municipio dove andavano a giocare a carte. E tutti e due erano stati ricoverati all'ospedale di Schiavonia. Appunto, perché hanno aspettato dodici giorni per fare il tampone al signor Trevisan? Francesca Russo, direttore del settore Prevenzione della Regione Veneto, spiega che le direttive erano chiare: il test del coronavirus andava fatto solo ai pazienti rientrati dalla Cina o che erano state a contatto con viaggiatori provenienti dal paese asiatico. «Abbiamo seguito le indicazioni dell'Oms, l'Organizzazione mondiale della sanità. E comunque non è certo il presiedente della Regione che fa le iniezioni o somministra i farmaci ai malati», puntualizza Zaia, memore della battaglia per far fare la quarantena volontaria anche agli scolari tornati dalla Cina, mentre con il M5s scoppia un'altra polemica sulle persone tornate dalla Cina senza sintomi di influenza alcuna. Tant'è, dopo il ricoverato e il decesso di venerdì, il sabato 22 febbraio si apre con il terzo caso accertato in Veneto, un uomo di Mira ricoverato all'ospedale di Dolo e poi trasferito, in condizioni preoccupanti, a Padova. Nel corso della giornata la lista sarà destinata ad allungarsi.
IL REPORT
L'aggiornamento sui numeri e sulle prescrizioni da seguire viene fatto a Marghera, davanti alla sede della Protezione civile che funge da Unità di crisi per il Veneto. Solo che, a differenza di altre emergenze - l'alluvione del 2010, Vaia nel 2018, l'acqua alta nel novembre 2019 - stavolta i giornalisti vengono lasciati fuori. Dalle 9 del mattino alle 15 inoltrate aspettano che qualcuno aggiorni la situazione, mentre in giro per il Veneto ormai è psicosi, con sindaci che autonomamente annullano feste di Carnevale (Vicenza) e parroci che si interrogano se far scambiarsi il segno della pace a Messa. I primi aggiornamenti sono che, oltre ai due di Vo' e a quello di Mira, ci sono altri 7 casi accertati. Tempo un paio d'ore e il totale sale a 12. Poi, in serata, l'aggiornamento: 16 casi in Veneto, contagiati anche tre operatori sanitari dell'ospedale dei Mirano. L'epicentro è il paese sui Colli Euganei: 12 casi, compresa la vittima. E in quei 12 ci sono la moglie e la figlia del defunto. E c'è un paziente che finisce in ospedale pur non avendo alcun sintomo: niente tosse, niente febbre, niente raffreddore. Eppure risulta positivo al Covid-19.
GLI 8 CINESI
Venerdì si era detto che Vo' era China free. Ieri si è scoperto che nel paesello sui Colli c'è una comunità di cinesi, otto persone, che saltuariamente frequentavano anche i i bar dove il povero Trevisan giocava a carte. Effettuato il tampone: negativo. Non sono loro ad aver trasmesso l'infezione. Si aspettano gli esiti anche del militare americano che spontaneamente si è presentato all'ospedale di San Bortolo, Vicenza.
GLI OSPEDALI
Schiavonia resta blindato e chiuso: niente visite, niente interventi, niente prelievi. Sanitari e pazienti al momento sono risultati negativi, 200 i test effettuati. Per quelli che non vogliono andare a casa c'è la tendopoli della Protezione civile, 100 posti letto a fianco dell'ospedale dove trascorrere la quarantena. All'ospedale di Mirano saranno sterilizzati i reparti dove si è recato l'uomo risultato positivo, Pronto Soccorso e Geriatria.
UN PAESE ISOLATO
L'ordinanza Speranza-Zaia emanata in serata conferma l'isolamento di Vo' Euganeo: tolti farmacia, forno e supermercato tutte le altre attività restano chiuse, vengono sospese tutte le manifestazioni pubbliche, al lavoro fuori del Comune non si può più andare, solo i contadini possono continuare a coltivarsi l'orto. Per quanto questo isolamento? L'unica indicazione temporale è quella dell'incubazione del Covid-19: quattordici giorni. Ma la disposizione non è così chiara. Il consiglio, a tutti, è di lavarsi le mani. La Regione attraverso l'Ulss fornirà dispencer con soluzioni idroalcoliche. I medici di base in tutto il Veneto lavoreranno anche il sabato e la domenica per finire consigli telefonici ai propri pazienti ed evitare di intasare i Pronto soccorso. Per dire: già ieri mattina a Dolo c'era una coda di novanta persone. Per Padova, intanto, è scattato l'appello: servono medici infettivologi, gli specialisti saranno richiamati dagli altri ospedali per far fronte alla mole di esami da eseguire. Fin qui le disposizioni concordate con Roma. Dopodiché sono scattate le decisioni autonome: da domani tutte le università, da Venezia a Padova, chiuse per una settimana, sospesi i campionati di volley minori, stop anche al rugby, mentre a messa si potrà evitare di scambiarsi il segno della pace e nessuno avrà da ridire. In quarantott'ore i veneti hanno scoperto cos'è la paura. Dietro l'angolo il rischio che si debba davvero chiudersi in casa.
Alda Vanzan
© RIPRODUZIONE RISERVATA
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