L'affare dei rifiuti: «La gente fa tutti i giorni immondizia»

Sabato 6 Giugno 2020
IL BUSINESS
VENEZIA «Sì, sì...comunque...sta c...o di immondizia. Perché l'immondizia la fa tutti i giorni la gente, non è che dici domani non vanno non faccio più immondizia. L'immondizia si fa tutti i giorni e tutti i giorni c'è un problema dove metterla». Parola di Nicola Toffanin, detto l'avvocato. Perché nella costellazione di affari illeciti messi in piedi nel Veronese dalla cosca ndranghetista retta da Antonio Giardino, detto Totareddu o Il Grande, 51 anni, personaggio dall'indiscusso spessore al quale viene accreditata una posizione di potere in Veneto, non poteva mancare il business della monnezza. E una strada percorribile poteva essere l'Amia, la municipalizzata veronese della raccolta rifiuti, il cui direttore e presidente sono indagati proprio per i contatti con Toffanin.
Un «affare sicuro» lo definisce il gip del tribunale di Venezia, Barbara Lancieri, nel riportare stralci delle intercettazioni che inchiodano il braccio destro di Totareddu, Toffanin all'accusa di tentativo di associazione a delinquere finalizzata al traffico illecito dei rifiuti. Reato per cui non è scattato l'arresto ma che condivide con Michele Pugliese, che pur dai domiciliari muoveva le pedine sulla scacchiera, a volte al posto dello stesso Giardino; Salvatore Bruno, Ilario Vernieri e Massimo Marchiotto, agente immobiliare impegnato nella ricerca dei capannoni per lo stoccaggio dei rifiuti. Proprio ciò che il polesano Toffanin cerca. L'input all'indagine è dato da un'intercettazione ambientale nella macchina di Toffanin che parla mentre, accompagnato da Bruno, sta andando a Mantova a vedere un capannone. È il 15 maggio 2018. Al telefono con V.M. (nome ancora da identificare), l'avvocato fa più di un chiaro riferimento, scrive il gip, «a una ventina di camion la settimana». E che cosa sia l'oggetto del trasporto, è lo stesso Toffanin a dirlo. «Adesso ti faccio vedere cosa abbiamo trovato - dice a V.M. - Ce ne vogliono due mesi per riempirne uno perché vanno 600, 700 camion l'uno...cinque al giorno». Fino alla parola, inequivocabile: «immondizia». «Questa qua non è quella cancerosa», gli fa notare V.M. e Toffanin: «beh volendo c'è anche per quella...lontano».
«AFFARE LUCROSO»
«Si tratta di un lucroso affare che riguarda il trasporto di immondizia - scrive il gip - di rifiuti che chi opera in conformità alla legge non vuole ricevere e che non vuole stoccare. Tanto da ipotizzare di raggiungere degli accordi perfino con i vertici di Amia». «Ne abbiamo 3 - continua Toffanin - L'Amia di prodotti...ehhh.. li dai ai consorzi. Infatti mi diceva (Andrea Miglioranzi, all'epoca presidente Amia, ndr) che molti consorzi se non glieli dai come previsto dalla Legge non te li ricevono! E ti fanno anche la penale!». Poi Toffanin continua, puntando sui rapporti con Amia: «Allora a luglio fanno il Cda (si riferisce a Miglioranzi). Fanno i bilanci e esce e entra quello nuovo. Però noi abbiamo rapporto anche con i direttori (si riferisce a Ennio Cozzolotto, ndr) e quelli sono fissi. Se facciamo la riunione e questo qua dice va bene e ci restasse anche solo 100 a testa». Ecco quindi l'affare: «100 per me, 100 per te, 100 per Marco e 100 per Michele. 400 euro totali». «A camion», aggiunge il gip. L'affare poi salta perché Toffanin scopre di essere intercettato, ma non crolla l'accusa di aver provato a mettere le mani sul business «sicuro» dei rifiuti. «Esempio - commenta il deputato Pd Nicola Pellicani, componente della Commissione parlamentare Antimafia - di come la mafia sia sempre più radicata e penetrata attraverso l'utilizzo e di capannoni dismessi rimasti vuoti dalle varie crisi». Capannoni che ogni tanto prendono fuoco.
N. Mun.
© RIPRODUZIONE RISERVATA
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