L'ACCUSA
MILANO Una nuova accusa, il concorso in abuso d'ufficio, è stata

Giovedì 14 Dicembre 2017
L'ACCUSA
MILANO Una nuova accusa, il concorso in abuso d'ufficio, è stata contestata dalla Procura generale di Milano al sindaco Giuseppe Sala nella travagliata inchiesta, passata per guerre interne alla Procura e poi tolta di mano ai pm, con al centro l'appalto più importante di Expo, quello sulla cosiddetta Piastra dei Servizi. Ora l'ex numero uno dell'Esposizione universale, già a processo per falso, è indagato in relazione all'affidamento diretto alla Mantovani spa, che vinse anche la maxi gara, di una fornitura di seimila alberi per l'evento. Fatti che, in pratica, sono una parte di quel capitolo del verde per cui il primo cittadino in origine era accusato di turbativa d'asta. Alla mossa della Procura generale, arrivata con una chiusura indagini che prelude a una nuova richiesta di processo, i legali di Sala, gli avvocati Salvatore Scuto e Stefano Nespor, hanno replicato duramente parlando di una «iniziativa» che «si pone in evidente contraddizione con i giudizi che Anac, Avvocatura dello Stato e la stessa Procura della Repubblica di Milano hanno precedentemente formulato, apparendo anomala al punto da sembrare persecutoria».
Per Sala, infatti, che ha già scelto di andare a processo immediato (prima udienza il 20 febbraio) per l'accusa di falso per la presunta retrodatazione di due verbali della commissione giudicatrice del maxi appalto, l'accusa di turbativa d'asta era stata stralciata a fine settembre scorso. Quella contestazione è poi caduta. La Procura generale, tuttavia, che più di un anno fa aveva avocato l'inchiesta finita al centro dello scontro ai vertici della Procura tra Edmondo Bruti Liberati e Alfredo Robledo, ha rivalutato i fatti e contestato per il capitolo sul verde l'abuso d'ufficio al sindaco. Nello specifico, Sala risponde di presunte irregolarità nell'affidamento «diretto» di una «fornitura di essenze arboree» alla Mantovani spa (che subappaltò poi il lavoro ad altra impresa) per l'importo di 4,3 milioni di euro quando l'effettivo valore sarebbe stato «di gran lunga inferiore», ossia di 1,6 milioni.
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