Johnson, Brexit lampo «Partiamo subito per guarire il Paese»

Sabato 14 Dicembre 2019
L'ORIZZONTE
LONDRA Il governo del popolo di Boris Johnson si è dato un primo compito: lasciare che «la guarigione abbia inizio», che la spaccatura profonda che ha attraversato il Paese negli ultimi due anni inizi ad essere curata, dando ascolto a tutti, anche a chi non vuole vedere bruscamente interrotto il rapporto con l'Europa, e non dando mai il voto di nessuno per scontato. Così, in una giornata di festeggiamenti e entusiasmo, il premier riconfermato Johnson ha delineato le sue intenzioni future.
I RISULTATI
A partire dall'accordo sulla Brexit da approvare il prima possibile, in modo da poter uscire entro il 31 gennaio prossimo e andare a negoziare la prossima, fondamentale tappa di un accordo di libero scambio con la Ue e tutto quello che riguarda le relazioni future. Con 365 seggi e un'ariosa maggioranza, i Conservatori hanno stravinto, così come ha stravinto il partito indipendentista scozzese della pugnace Nicola Sturgeon, con 48 seggi e un'avanzata di 13 deputati rispetto al 2017. Forte di sondaggi che vedono un 48-49% a favore dell'indipendenza, ha già iniziato a parlare di referendum, con le prime scintille con Johnson.
Per gli altri solo briciole: il Labour ha chiuso a 203 seggi, meglio dei 191 indicati dai primi exit poll ma comunque ben al di sotto di quando aveva lasciato assaporare l'illusione di una rimonta fino alla vigilia del voto, e i LibDem, che avevano sulla carta tutto per uscire rafforzati da queste elezioni, ridotti a undici deputati, senza neppure la loro leader Jo Swinson.
I PROTAGONISTI
Che infatti si è dimessa, mentre Jeremy Corbyn, nonostante gli appelli da parte di numerosi membri del partito, si è limitato a parlare di una pausa di «riflessione» annunciando che non guiderà i Labour alle prossime elezioni, che vista la maggioranza di Johnson potrebbero tenersi tra cinque anni.
A consegnare lo scettro formale dell'incarico a Johnson ha provveduto ieri Elisabetta II, al suo 14esimo primo ministro - in 93 anni di vita e 66 sul trono - da Winston Churchill in poi: con uno scarto di più 80 su tutte le altre forze messe insieme, e una percentuale di suffragi al 43,6%: vicino ai massimi storici dell'era Thatcher, Johnson sembra destinato a restare.
I TEMPI
«Abbiamo provocato un terremoto con una vittoria storica e cambiato la mappa politica del Paese, dobbiamo cambiare il partito per essere all'altezza», ha detto ai sostenitori dopo aver festeggiato la vittoria elettorale con così grande distacco dai Labour. La Camera dei Comuni tornerà a riunirsi lunedì, giovedì il governo affiderà alla regina la lettura del suo programma di legislatura in un nuovo Queen's Speech e venerdì farà ratificare in prima lettura la legge sulla Brexit, con annesso accordo di divorzio già raggiunto con Bruxelles.
Quindi scatterà la pausa di Natale e a gennaio si completerà la ratifica.
LA ROTTA
Le incognite e le incertezze si rifletteranno semmai sul dopo, sui negoziati con i 27 sulle relazioni future e sulle intese di libero scambio a cui Boris punta, ma per le quali i tempi sono strettissimi: visto che la scadenza del periodo di transizione post-31 gennaio, con il temporaneo mantenimento dello status quo, è limitata alla fine del 2020. D'altronde c'è chi non esclude che Johnson a questo punto, dopo la stagione dell'intransigenza, possa dare adesso una prova di flessibilità e spregiudicatezza, vista la mega maggioranza su cui conta. La sterlina nel frattempo vola, perché la stabilità politica e un governo conservatore ai mercati piacciono.
Cristina Marconi
© RIPRODUZIONE RISERVATA
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