Infortuni sul lavoro per virus: 5.500 denunce nel Nordest

Venerdì 23 Ottobre 2020
LAVORO A RISCHIO
VENEZIA Infortuni sul lavoro causa Covid: le denunce arrivano soprattutto dalle donne (anche del Nordest) e da chi lavora nei settori più a rischio, sanità e assistenza. Le industrie sono più sicure, i protocolli di sicurezza hanno funzionato. Ma gli imprenditori veneti criticano le regole. «Un' aberrazione giuridica l'aver assimilato il contagio da Covid-19 a un infortunio sul lavoro», denuncia Enrico Carraro (Confindustria Veneto). E il leader Cisl regionale Gianfranco Refosco avverte: «I protocolli nelle imprese hanno funzionato, ma ora servono più attenzione alle donne e assunzioni nella sanità». Secondo l'Inail, sono oltre 54.000 le denunce in Italia arrivate a fine settembre per contagi da Covid 19 sul lavoro, 319 per casi mortali. La Lombardia è la regione più colpita, con il 35,2% dei contagi denunciati e il 41,7% dei casi mortali. In Veneto le denunce sono 4.608 (8,5% del totale italiano, quarta regione), fatte soprattutto da donne (72%, 1500 dai 50 anni in su). Ma il dato che salta più all'occhio è che quasi il 79% arriva da operatori nella sanità e nell'assistenza sociale (soprattutto infermieri, ma anche medici e operatori), solo il 4,3% parte da addetti delle attività manifatturiere (i lavoratori più colpiti sono i macellatori e i braccianti agricoli). I casi di morte denunciati sono 10 (il 3,1% sui dati nazionali). Sempre in Veneto, tra agosto e settembre, si sono registrate 299 denunce in più, 113 relative all'ultimo mese. Un aumento repentino, secondo l'Inail dovuto in parte al focolaio sviluppatosi allo stabilimento agroalimentare Aia di Treviso. In Friuli Venezia Giulia 869 denunce per infortunio da Covid (1,6%), una sola per decesso. Anche in questa regione le denunce arrivano soprattutto dalle donne (73,5%) e da chi lavora nella sanità e nei servizi di assistenza sociale (72,5%).
I 54.128 casi denunCiati in Italia a fine settembre - spiega l'Inail - sono circa il 15% del complesso delle denunce di infortuni sul lavoro arrivate dall'inizio dell'anno, il 17,2% sul totale dei contagi nazionali comunicati dall'Istituto superiore di sanità. Le donne si contagiano di più sul lavoro rispetto agli uomini ma muoiono in percentuale minore. La fascia più colpita è quella dei 50-64 anni mentre l'età media dei decessi denunciati per causa di lavoro è di 59 anni.
PROTOCOLLI
«I dati che Inail ha pubblicato relativi alle denunce Covid-19 sul lavoro in Veneto ribadiscono in maniera inequivocabile che le aziende sono luoghi sicuri - avverte Enrico Carraro, presidente di Confindustria Veneto -. Nelle imprese manifatturiere l'incidenza diretta del contagio è minima grazie all'azione precauzionale svolta fin dall'inizio della pandemia e al rigoroso rispetto dei Protocolli nazionali siglati tra le parti sociali. Gli imprenditori guardano con estrema preoccupazione l'impennata della curva dei contagi degli ultimi giorni. Serve estrema fermezza da parte della politica e delle nostre amministrazioni per determinare i provvedimenti più idonei a contenerla, tutelando lo sforzo compiuto da imprese e lavoratori per andare avanti. Siamo d'accordo nel non abbassare la guardia e nel gestire questa fase di riacutizzazione del contagio con la stessa attenzione. Continuiamo poi a ritenere un'aberrazione giuridica l'aver assimilato il contagio da Covid-19 a un infortunio sul lavoro, ingenerando conflitti smentiti dai dati e dai comportamenti».
«La gestione della sicurezza nell'industria, terziario e commercio ha funzionato perché i focolai di contagio sono stati pochissimi, in settembre soprattutto nel Trevigiano - osserva Gianfranco Refosco, Cisl Veneto -. Con l'accordo di marzo con la Regione si è attivato lo Spisal per l'attività di vigilanza, gli ispettori hanno visitato migliaia di aziende e i risultati si sono visti. Quello che salta all'occhio dai dati Inail sono le denunce delle donne contagiate: oltre il 70% in Veneto. Hanno permesso che il Paese non si fermasse lavorando in prima linea nella sanità, assistenza, commercio. E hanno pagato di più. Non solo con la malattia, ma anche ritirandosi dal lavoro perché non riuscivano a conciliare l'impiego con la cura famigliare, prima perché le scuole erano chiuse, oggi perché aperte a singhiozzo. Sostenere il lavoro femminile è strategico. Poi c'è il tema sanità e case di risposo: è sempre più necessario investire in questi comparti, per avere finalmente gli organici adeguati (oggi siamo ancora decisamente sotto le esigenze) e rendere sicuri i luoghi di lavoro. Non basta dire che abbiamo mille letti in terapia intensiva, bisogna avere i professionisti per gestire i malati».
BONOMO: INVESTITO IN SICUREZZA
«Le imprese artigiane sono sicure, da noi l'imprenditore lavora fianco a fianco col proprio lavoratore e le aziende hanno investito tanto in sicurezza - sottolinea Agostino Bonomo, presidente Confartigianato Veneto -. Non capisco poi come si possa denunciare le aziende: chi può verificare se un lavoratore si è ammalato sul luogo di lavoro o da un'altra parte, al bar, in bus? Capisco per chi è impegnato nella sanità, ma non da noi».
Maurizio Crema
© RIPRODUZIONE RISERVATA
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