In Terapia intensiva solo i non vaccinati «È l'arma anti-Covid»

Venerdì 23 Luglio 2021
IN OSPEDALE
VENEZIA Domanda: chi finisce oggi in Terapia intensiva con il Covid? Risposta: chi non è (completamente) vaccinato contro il Coronavirus. Al di là delle opinioni, e delle chiacchiere, a dirlo sono i numeri: su 16 malati attualmente ricoverati negli ospedali del Veneto, 15 non avevano ricevuto nemmeno una dose e 1 aveva ottenuto solo la prima.
L'ISTANTANEA
La fotografia è stata scattata mercoledì e riguarda gli ingressi, registrati a luglio, nei reparti che garantiscono la ventilazione meccanica ai pazienti colpiti da grave insufficienza respiratoria. Trattandosi di un'istantanea, vengono inquadrati i numeri di quel momento, che però possono variare nel corso della giornata e difatti da allora sono già aumentati. Ad ogni modo l'immagine è molto significativa, poiché descrive l'impatto clinico dei nuovi contagi e dunque spesso della variante Delta, destinata entro fine agosto a diventare preponderante sulle altre, in quanto caratterizzata da una trasmissibilità maggiore del 40%-60%.
LA SITUAZIONE
Ebbene, la situazione è questa. In oltre la metà delle circostanze, l'ingresso in ospedale è avvenuto direttamente in Terapia intensiva, mentre i restanti degenti sono transitati per 2-5 giorni in area non critica prima di veder aggravarsi le loro condizioni. L'età media è di 58,5 anni, ma oscilla fra i 21 del ragazzo di Monza che era tornato da Barcellona con sintomi molto importanti e i 78 di un malato che è deceduto al sesto giorno di degenza, entrambi ricoverati in provincia di Verona. Nell'area scaligera si concentra più del 50% dei positivi che necessitano del respiratore, fra gli ospedali di Borgo Trento e Villafranca, mentre gli altri sono sparsi fra il Ca' Foncello di Treviso, il policlinico universitario di Padova, l'ospedale di Vicenza e il nosocomio di San Donà di Piave. Un terzo dei casi si è risolto favorevolmente, con l'uscita dall'unità operativa dopo circa una settimana. Gli altri pazienti stanno invece ancora combattendo per la vita, qualcuno anche da un paio di settimane, un 76enne entrato direttamente in Terapia intensiva a Verona lo scorso 9 luglio e tuttora sottoposto alle cure dei sanitari.
LA SOMMINISTRAZIONE
Ciascuno ha la sua storia clinica, ma tutti i profili dei ricoverati sono accomunati da un dato: il fatto di non aver completato il ciclo vaccinale. Addirittura un solo malato risulta aver aderito alla campagna, un 54enne che è rimasto attaccato al tubo dell'ossigeno dal 6 al 12 luglio all'ospedale di Borgo Trento, dopodiché è stato dimesso. Ma l'uomo aveva comunque avuto solo una delle due dosi, 74 giorni prima dell'arrivo in ospedale, avvenuto dunque in tempo utile per la seconda somministrazione nel caso di AstraZeneca, oltre i termini invece nell'eventualità di PfizerBiontech e Moderna (non è dato sapere quale marchio fosse stato inoculato).
LE CONSEGUENZE
Tutti gli altri ricoverati, invece, non erano stati minimamente immunizzati. La mancata protezione li ha evidentemente esposti al rischio di subire le pesanti conseguenze dell'infezione, basti pensare che sono finiti direttamente in Terapia intensiva a Verona un 76enne, un 54enne, il 21enne e un 78enne, a Villafranca un 42enne, a Treviso un 39enne, a Padova un 64enne e a San Donà un 56enne, così come dopo pochi giorni in altri reparti hanno avuto bisogno di cure intensive a Borgo Trento un 59enne, al Ca' Foncello un 71enne e un 53enne, a Padova un 74enne e a Vicenza un 65enne.
L'ESPERTA
Dal campo dell'unità operativa di Malattie infettive, all'Azienda ospedaliera universitaria integrata di Verona, conferma la professoressa Evelina Tacconelli: «Ricoveriamo quasi tutti non vaccinati, giovani e anziani che non hanno completato il ciclo, o che si sono decisi tardi, oppure soggetti immunocompromessi in cui la vaccinazione non ha avuto la possibilità di funzionare in maniera adeguata. I vaccinati hanno sintomi più lievi: non ricordo nelle ultime settimane di averne mandato nessuno in Terapia intensiva. L'appello è dunque alla vaccinazione, ma sulla base del dialogo tra medico e paziente per evitare l'effetto boomerang dell'imposizione, una delle quattro armi insieme ai tamponi, al trattamento precoce con gli anticorpi monoclonali e al contact tracing. Mi rivolgo soprattutto ai ragazzi che non usano la mascherina o che non rispettano la distanza: se siete positivi, ditelo subito, per evitare che entriate in contatto con le persone più fragili».
Angela Pederiva
© RIPRODUZIONE RISERVATA
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