Impennata di contagi Zaia: «La curva cresce ma nessun lockdown»

Giovedì 22 Ottobre 2020
BILANCIO
VENEZIA Giusto il tempo di illustrare il nuovo piano di sanità pubblica in vista di un'eventuale emergenza e i numeri spiccano il volo. All'indomani dell'annuncio del presidente Luca Zaia si registra in Veneto un'impennata di contagi: 1.582 nuovi positivi in ventiquattr'ore, dei quali 1.083 nella notte, 17 decessi e 13.619 persone in isolamento. Numeri che fanno tremare, specie nel Veneziano, con 475 casi, seguito da Treviso (+385) e Padova (+268). I dati non sarebbero però fedeli di quanto successo nelle ultime ore, a sfalsarli il flusso delle microbiologie che a Venezia hanno inserito in una sola volta i risultati dei tamponi eseguiti a partire dal 15 ottobre. Si tratterebbe quindi di un aggiornamento informatico che scongiura la temuta presenza di improvvisi focolai. «A Venezia abbiamo avuto circa 500 casi dal 15 di ottobre ad oggi scaraventati nel sistema nella notte» spiega Zaia rassicurando che «in Veneto in questo momento il tema del lockdown assolutamente non c'è e non lo prendiamo nemmeno in considerazione». Anche se, vista la curva di crescita dei contagi, da oggi verrà riaperta in pianta stabile l'Unità di crisi nella sede della Protezione Civile di Marghera. In linea anche il collega friulano Massimiliano Fedriga che, con i suoi 219 casi e un decesso in ventiquattr'ore, garantisce che la situazione è gestibile: «Anche se la situazione è in continua evoluzione non sono previsti provvedimenti e coprifuoco».
I NUMERI
Per avere una visione reale di quanto accade, al netto di aggiornamenti informatici dell'ultima ora, ci sono i dati settimanali elaborati per il Veneto da Azienda Zero. Attualmente sono 11.875 le persone positive, i morti complessivi 2.296, in terapia intensiva ci sono 65 pazienti, dei quali 57 positivi, e nei reparti non critici 580 degenti, anche qui con 495 malati ancora con il virus. Quindi tra il 12 e il 18 ottobre ci sono stati 4.440 nuovi positivi, 33 morti, 337 ricoverati e 632 guariti. Dal confronto con la settimana precedente (5-12 ottobre) emerge la velocità del diffondersi del virus: erano infatti 3.071 i nuovi casi, 21 i deceduti, 221 i ricoverati e 1.070 i guariti. Va detto che nell'ultima settimana i contagi sono addirittura superiori ai sette giorni bui del 9-16 marzo quando i nuovi positivi in Veneto erano 3.629 con conseguenze però ben più pesanti sul fronte sanitario: 158 morti, cinque volte quelli odierni, e 1.199 ricoverati più del doppio rispetto ad ora. Nella ripartizione elaborata dalla Regione sul fronte emergenza siamo attualmente nella seconda fascia. «In Veneto la riapertura dei dieci ospedali Covid center potrà avvenire solo se le terapie intensive dovessero superare la soglia dei 150 posti occupati» ribadisce Zaia, ovvero il livello 3 del nuovo piano di sanità pubblica varato martedì. Adesso nelle terapie intensive ci sono 65 pazienti su una dotazione di 464 posti. «La terza fase prevede i limiti di soglia da 150 a 250 ricoverati, la quarta da 250 a 400, la quinta da 400 in su» ripete Zaia ricordando che in Veneto vengono eseguiti mediamente 25-30.000 tamponi al giorno tra molecolari e rapidi.
CARENZA DI MEDICI
E se il Veneto è tra le Regioni italiane che, assieme al Friuli Venezia Giulia e alla Valle d'Aosta, per prime si sono attrezzate a potenziare le Terapie intensive addirittura superando la soglia chiesta a livello nazionale, altrettanto non si può dire sul fronte del personale. Ricordiamo che fra posti precedenti al Covid e aggiunti dopo l'epidemia, nelle Terapie intensive Venezia ha segnalato la disponibilità di 16,8 letti ogni 100.000 residenti, Trieste di 14,4 e Aosta di 15,9, mentre il resto d'Italia non ha raggiunto il tetto richiesto dei 14 posti. Un incremento dei letti a cui non corrisponde un pari aumento del personale medico. La conferma dal report settimanale dell'Alta scuola di Economia e Management dei sistemi sanitari dell'Università Cattolica che ha avviato un'analisi di confronto tra il rapporto del numero di anestesisti e rianimatori per posto letto in Terapia intensiva prima e dopo l'implementazione. Prima dell'emergenza il rapporto era di 2,5 a livello nazionale, con il Friuli Venezia Giulia che si attestava su 2 unità per posto letto e il Veneto a 1,9. Ora il rapporto si è abbassato a Nordest a 1,6. Il problema è a monte perché mancano i medici formati per le Terapie intensive: 56.000 a livello nazionale e 1.300 in Veneto. Per questo, in caso di saturazione dei reparti, i direttori generali veneti stanno predisponendo corsi brevi per spostare personale interno e assegnarlo ai reparti con pazienti Covid.
Raffaella Ianuale
© RIPRODUZIONE RISERVATA
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