Immunità di gregge lontana, con le varianti è salita al 90 per cento

Martedì 26 Ottobre 2021
IL FOCUS
VENEZIA Vaccini e mascherine, terze dosi e distanziamento sociale. Il 2021 si chiuderà così, con tutte quelle buone pratiche che hanno fatto dell'Italia uno dei migliori paesi a livello europeo per come è stata affrontata la lotta alla Sars-Cov-2, se è vero che qui i contagi sono diminuiti e altrove, dalla Gran Bretagna alla Russia, si registrano invece impennate di casi e, addirittura, nuovi lockdown. Ma la tanto agognata immunità di gregge che potrebbe far sparire il Green pass è ancora lontana, se non irraggiungibile considerato lo zoccolo duro di contrari al siero anti Covid-19: a causa delle varianti, infatti, il 70% di immunità di comunità non basta più, bisogna raggiungere il 90%, ma in Veneto quanto alle prime dosi siamo solo al 76% della popolazione generale (84,3% se si considera la popolazione vaccinabile, cioè dai 12 anni in su) e per i cicli completi al 72,6% della popolazione generale e 80,6% della popolazione vaccinabile. Che è un buon dato, ma non ancora sufficiente. Tanto che la terza dose, il cosiddetto booster, si renderà praticamente necessario.
Di tutto questo si è parlato ieri a Venezia, alla Scuola Grande di San Giovanni Evangelista, dove la Regione del Veneto, con il patrocinio della Conferenza delle Regioni, ha organizzato un convegno per fare il punto sulla pandemia, approfittando della presentazione della mostra Andràtuttobene (di cui riferiamo nell'articolo qui sotto).
COPERTURA
Gianni Rezza, direttore della Prevenzione del ministero della Salute, è stato netto: «Cosa succederà questo inverno con il Covid dipenderà da diversi fattori, ma in particolar modo dalla copertura vaccinale: per tenere sotto controllo il virus, con un R0 (cioè il numero medio di infezioni secondarie prodotte da ciascun individuo infetto, ndr) che si assesta tra 5-6, dobbiamo raggiungere probabilmente la soglia del 90%». «Credo che sia fondamentale l'adesione della popolazione verso le misure di sicurezza, in primis l'utilizzo delle mascherine nei luoghi chiusi per evitare scenari di peggioramento», ha detto il presidente dell'Istituto superiore di sanità, Silvio Brusaferro, sottolineando che i giovani, vaccinandosi, «stanno facendo una scelta molto decisa: la loro curva di copertura è cominciata più tardi, ma ha raggiunto velocemente le quote delle fasce più anziane». Succede anche in Veneto dove i ventenni che hanno fatto o prenotato la prima dose sono l'82,7%, più dei trentenni (78,2%) e dei quarantenni (78,9%). Ciò non toglie che ci si fermi al richiamo: la dose booster, cioè quella prevista dopo i sei mesi dal ciclo completato (si chiama addizionale, invece, quella riservata a determinate categorie di persone fragili solitamente dopo due mesi dal richiamo), arriverà anche per i più giovani: «Oggi è raccomandata per alcune categorie, in particolare quelle più fragili, ma la terza dose di vaccino anti-Covid per tutta la popolazione è uno scenario verosimile», ha detto Brusaferro. «Abbiamo ancora del tempo per decidere», ha sottolineato Rezza. Ma sull'efficacia non ci sono dubbi: «La terza dose è così potente che va a neutralizzare tutte le varianti del virus», ha sottolineato il professor Giorgio Palù, presidente dell'agenzia del farmaco Aifa. Resta da capire quando dovranno fare il booster chi ha avuto il monodose Johnson & Johnson, anche se, come ha detto Palù, si sta pensando all'eterologa.
Dunque vaccino e mascherine, perché come ha detto il governatore del Veneto Luca Zaia «non è ancora finita» e, oltretutto, nulla esclude che in futuro si verifichi una nuova emergenza. «Dobbiamo essere preparati ad una prossima malattia X, tra 10 o 50 anni», ha detto Rezza. In quest'ottoca si inserisce il Piano pandemico che ogni Regione dovrà presentare entro il 29 ottobre: «Il nostro è pronto, manca l'ultima lettura - ha detto la dottoressa Francesca Russo, direttore della Prevenzione della Regione del Veneto -. Poi, entro febbraio, serviranno i documenti attuativi, ma intanto lo presentiamo alle Ulss e poi ogni Ulss dovrà redigere il proprio piano in vista di una eventuale nuova pandemia». Il Veneto sta anche analizzando i risultati dei prelievi eseguiti a Padova e Verona per verificare la presenza di Sars-Cov-2 nelle acque reflue: «I dati ci serviranno per capire anche se il virus è più o meno concentrato in alcune zone».
LE TERAPIE
Per chi si ammala la terapia migliore è rappresentata dagli anticorpi monoclonali di cui in Veneto si fa largo uso, ma non altrettanto avviene nel resto d'Italia. «Sono gli antivirali più efficaci, purtroppo poco utilizzati», ha detto Palù, annunciando che a breve saranno somministrabili quelli intramuscolo e sottocute. «A Belluno siamo noi a chiamare le persone che si contagiano e a proporre i monoclonali - ha riferito il direttore delle Malattie infettive dell'Ulss 1 Dolomiti -. Adesso a Belluno abbiamo zero ricoverati in rianimazione. E il 95% dei vaccinati che si contagia sta bene».
Alda Vanzan
© RIPRODUZIONE RISERVATA
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