IL VERDETTO
PADOVA Diceva di essere il Nordest, il tre volte presidente della

Venerdì 18 Giugno 2021
IL VERDETTO
PADOVA Diceva di essere il Nordest, il tre volte presidente della Regione due volte ministro. Ma non si potrà più avvicinare alla politica. Giancarlo Galan è stato bocciato dalla Corte europea dei diritti umani, a cui era ricorso in cerca di riabilitazione. La sua decadenza dal parlamento è definitiva. E lui l'ha presa con una sola parola: «Pazienza».
L'ex doge si dovrà rassegnare. Era ricorso contro la legge Severino (anticorruzione nella pubblica amministrazione) per la quale venne destituito dal mandato parlamentare, il 27 febbraio 2016 in seguito all'arresto nel luglio 2014 per le tangenti sugli appalti del Mose. Per i legali di Galan le misure previste dalla legge Severino sono una pena e come tali non possono essere applicata con valore retroattivo secondo l'articolo 7 della convenzione europea dei diritti umani che sancisce in linea generale proprio il principio della non retroattività dell'applicazione delle leggi in materia penale. Insomma la condanna del parlamento non poteva essere valida. La Corte ha risposto che nel caso si lamenti una violazione dell'articolo 7 della convenzione europea dei diritti umani la destituzione non può essere equiparata a una pena e dunque il ricorso non può essere preso in considerazione.
Galan accusato di corruzione per lo scandalo Mose è stato condannato il 29 luglio 2015 a due anni e 10 mesi dopo un patteggiamento che comprendeva il pagamento di 2,6 milioni allo Stato. L'ex deputato di Forza Italia, presidente della Regione fino al 2010 e successivamente ministro per le Politiche agricole e la Cultura, fu arrestato il 22 luglio 2014 mentre si trovava nell'ospedale di Este, dopo che il parlamento diede il via libera. Trascorse 78 giorni nel carcere di Opera, poi ai domiciliari a Villa Rodella a Cinto Euganeo, quella dove arrivava Berlusconi per la mega festa del suo compleanno e che in seguito finirà confiscata.
Nella prima intervista il giorno dopo la condanna definitiva, del 2015 Galan parlò dal tinello, sudato «perché l'aria condizionata non me la posso permettere. Con 5mila euro al mese, lo stipendio minimo del parlamentare non riesco a mantenere questa casa». Poi dovette restituire anche dei sanitari che aveva staccato. Andò ad abitare in un'altra villetta sui colli prestata da un amico. È stato il punto più drammatico della parabola politica del funzionario di Publitalia che fu tra i fondatori di Forza Italia, subito parlamentare nel 1994 e un anno dopo presidente della Regione. Erano i tempi in cui il Polo delle Libertà faceva il 38,2 per cento dei voti. Alla fine fu costretto a vendere un campo e due auto storiche per ragranellare subito 71mila euro e la Corte dei Conti gli chiese altri 5,2 milioni, prendendo di mira anche la parte di sua proprietà della casa dei genitori, a Padova. Per la Finanza i soldi sono finiti in Svizzera attraverso consulenti amici per i quali la Procura di Padova ha chiesto due settimane fa il rinvio a giudizio. Nel suo ricorso l'ex governatore del Veneto ha sostenuto di aver subito le stesse violazioni denunciate a suo tempo da Silvio Berlusconi per cui la decisione del Parlamento di porre fine al loro mandato ha violato il diritto a rappresentare i cittadini che li avevano eletti.
Mauro Giacon
© RIPRODUZIONE RISERVATA
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