IL TRATTATO
NEW YORK «Non sarà facile, ma io sarò pronto a farlo».

Giovedì 3 Dicembre 2020
IL TRATTATO
NEW YORK «Non sarà facile, ma io sarò pronto a farlo». In un'intervista concessa al giornalista Thomas Friedman, Joe Biden conferma la linea che la sua amministrazione adotterà nei confronti dell'Iran. Il nuovo presidente vuole riportare gli Usa nello Jcpoa, l'accordo del 2015 che limita lo sviluppo del programma nucleare iraniano e che Donald Trump ha rigettato dopo il suo insediamento alla Casa Bianca nel 2017.
LE SANZIONI
Biden è pronto ad annullare tutte le sanzioni economiche che il suo predecessore ha imposto contro il regime di Teheran, e chiede in cambio che il paese fermi la ripresa dell'arricchimento dell'uranio con la quale ha risposto all'ostilità di Trump. Una volta che le due condizioni si saranno verificate, allora sarà il momento di riprendere le trattative per modificare l'accordo originale e rafforzare la garanzia di un effettivo blocco dell'armamento nucleare del regime iraniano. Nel lungo termine Biden vuole coinvolgere alcuni tra i paesi arabi, in particolare l'Arabia Saudita e gli Emirati, nella trattativa che Obama aveva limitato ai cinque rappresentanti del consiglio di sicurezza dell'Onu (Usa, Cina, Russia, Francia e Gran Bretagna), più la Germania. Obiettivo è allungare i termini dell'accordo e fermare il trasferimento di armi convenzionali che l'Iran ha distribuito negli ultimi anni in Siria, Yemen, Libano e Iraq, con grande preoccupazione da parte di Israele. Il ministro degli Esteri di Gerusalemme Javad Zarif ha già detto che il reingresso degli Usa nel Jcpoa può essere fatto «in automatico», senza nessun bisogno di negoziato. Biden ha però tra le mani un regalo involontario che la precedente amministrazione gli ha lasciato. Trump ha sollecitato e ottenuto il ripristino delle relazioni diplomatiche tra Israele, gli Emirati Arabi, il Qatar e il Sudan in funzione anti iraniana. Biden potrà far leva su questo fronte arabo per esporre l'isolamento progressivo di Teheran, e convincerla a trattare.
UN PAESE CRUCIALE
Cruciale sarà l'Arabia Saudita, un paese che gli Usa hanno a lungo corteggiato e che non a caso resta ancora oggi, a quasi una settimana dall'assassinio del fisico nucleare iraniano Mohsen Fakhrizade, uno dei pochi in area mediorientale a non aver pronunciato parole di condanna per l'attentato. Hassan Rohani dà segni incoraggianti di flessibilità. Il parlamento di Teheran ha ieri votato una legge che chiede la chiusura dell'accesso agli osservatori esterni, a conferma delle tensioni oltranziste che rischiano di esplodere; ma Rohani si è già detto contrario alla ratifica della misura. Un altro segno incoraggiante è la sospensione, al momento per pochi giorni, dell'esecuzione capitale dello scienziato iraniano svedese Ahmad Reza Djalali, accusato di aver spiato per conto di Israele.
Flavio Pompetti
© RIPRODUZIONE RISERVATA
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