Il Tar: «La nave dell'ong entri in acque italiane» Salvini: «No allo sbarco»

Giovedì 15 Agosto 2019
LO SCONTRO
ROMA La decisione del Tar del Lazio che è intervenuto per limitare gli effetti del Decreto sicurezza bis autorizzando Open arms a entrare nelle acque italiane, ma anche la lettera con la quale il premier Conte ha invitato il ministro Salvini «a far sbarcare le persone vulnerabili»: il caso Open arms non è più soltanto quello di una ong che ha effettuato un soccorso in mare ignorando le nuove regole vigenti in Italia, è soprattutto uno scontro politico spostato sul terreno, già parecchio accidentato, dei migranti. In queste ore la narrazione è duplice e fa dire a Salvini: «C'è un disegno per tornare indietro e aprire i porti italiani, per trasformare il nostro paese nel campo profughi d'Europa». Qualcosa che sottintende: se passerà l'accordo M5s-Pd, i migranti torneranno ad arrivare e a sbarcare sulle coste italiane. È chiaro, quindi, che si sta giocando una partita ben diversa dal solo sbarco di 500 o più migranti, in ballo c'è la tenuta del governo e la fiducia a Conte.
L'ennesimo braccio di ferro ha inizio con la decisione presa ieri mattina dal Tar che autorizza Open arms a entrare nelle acque italiane. La sentenza si basa sullo stato di necessità e sulla situazione che si vive a bordo. Un'emergenza che, secondo le dichiarazioni del comandante Oscar Camps che ha presentato il ricorso, può degenerare anche in violenze e risse a bordo, viste le difficoltà che i passeggeri stanno vivendo.
L'INVITO
Nelle stesse ore il presidente del Consiglio invia una lettera a Salvini, e per conoscenza ai ministri Toninelli e Trenta, con la quale chiede di rispettare le disposizioni internazionali e di tutelare i minori, garantendone la sicurezza. Poche ore dopo, nonostante Trenta abbia sottoscritto anche lei - come previsto dal decreto sicurezza bis - il divieto di ingresso nelle acque italiane delle imbarcazioni delle ong, invia due navi della Marina militare per procedere al trasferimento dei 32 minori che si trovano a bordo di Open arms. La procedura è quella già attuata in precedenza con altre navi: la messa in sicurezza di minori, donne e malati. Disposizioni alle quali Salvini non si è mai opposto. Ora reagisce e le sue dichiarazioni di queste ore sembra stiano indisponendo Conte.
Nel frattempo, Open arms sta procedendo verso Lampedusa alla velocità di tre-quattro nodi al massimo, con un maestrale molto forte e un mare che aumenta con il passare delle ore. Mentre Salvini ribadisce che non darà mai l'autorizzazione allo sbarco. «Ditemi se non è un paese strano - interviene ancora il vicepremier - quello dove una nave spagnola in acque maltesi si rivolge a un avvocato di un tribunale amministrativo per chiedere di sbarcare in Italia. Nelle prossime ore firmerò il mio no perché complice dei trafficanti non voglio essere».
IL NUOVO RICORSO
Come reazione alla decisione del Tar, gli uffici il Viminale hanno predisposto un ricorso d'urgenza al Consiglio di Stato, e annunciato la firma di un nuovo divieto d'ingresso, che, anche questa volta dovrà essere sottoscritto da Toninelli e da Trenta. Lo firmeranno? Nella serata di ieri, poi, Salvini ha continuato ad attaccare Conte per la lettera inviata e ha denunciato il «patto innaturale» tra Pd e M5s non solo per il governo ma anche in chiave immigrazione.
Alla decisione dei giudici amministrativi si è anche aggiunta quella del Tribunale dei minori di Palermo, che ha chiesto chiarimenti ai 3 ministri sul fatto che stiano ancora in mezzo al mare: «equivale, di fatto, a un respingimento», hanno scritto. Il Tar, invece, ha spiegato che il divieto d'ingresso va sospeso perché configura la violazione da parte dell'Italia del diritto internazionale in materia di soccorso in mare. Conclusioni sulle quali il Viminale non è d'accordo: «I giudici - dicono - non hanno tenuto conto di altri fatti che si sono verificati. Open arms si è trattenuta in acque sar libiche e maltesi, ha anticipato altre operazioni di soccorso e ha fatto sistematica raccolta di persone con l'obiettivo politico di portarle in Italia».
Cristiana Mangani
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