Il Tar accoglie il ricorso del gestore: a Sottomarina riapre il Cayo Blanco

Giovedì 15 Agosto 2019
IL CASO
CHIOGGIA (VENEZIA) Il Cayo Blanco deve rimanere chiuso. Anzi, no: può riaprire. Due pronunce opposte del Tar del Veneto, nel giro di due giorni, sul controverso caso del locale di Sottomarina salito alla ribalta per un episodio di stampo razzista, di qualche settimana fa, che aveva portato (insieme ad altri fatti ritenuti turbativi dell'ordine pubblico) il questore di Venezia a sospenderne l'attività fino al 22 agosto. Da ieri, però, a seguito della sospensiva concessa dal Tar, sia pure in seconda battuta, il Cayo Blanco lavora di nuovo a pieno regime e potrà continuare a farlo fino a fine stagione, dato che l'udienza di merito contro il provvedimento del questore è fissata per l'11 settembre.
L'EPISODIO
Tutto inizia il 21 luglio scorso, quando un gruppo di ragazzi, tra i quali uno di colore, ma italianissimo, Pietro Braga, 18 anni, adottato da una famiglia di Adria, si presenta all'ingresso del locale, molto conosciuto e frequentato dai giovani della zona. Gli amici di Pietro entrano senza problemi, lui viene bloccato. «Tu non entri, perché sei africano» gli dice il buttafuori. Pietro, incredulo, pensa a uno scherzo, mostra la carta d'identità da cui risultano maggiore età e nazionalità. Ma non c'è nulla da fare. E la spiegazione che viene data a lui e alla madre (chiamata, nel frattempo, al telefono, e accorsa sul posto) è che la security ritiene che alcuni furti (peraltro non denunciati alle forze dell'ordine) avvenuti nel locale, siano opera di una persona di colore e, quindi, i neri vengono tenuti fuori. La madre e i suoi amici lasciano il locale anche se, ad un certo punto, dopo le loro proteste, gli viene concesso («solo perché te lo permetto io» avrebbe detto il capo della sicurezza) di entrare. La famiglia presenta denuncia ai carabinieri. Il 3 agosto, è la polizia ad intervenire, nello stesso locale, per un pestaggio ai danni di un cliente molesto che si ritrova con due fratture, al perone e alla mandibola. I due episodi, più altri precedenti risalenti fino ad un anno prima, segnalati al Questore, portano all'ordinanza di sospensione dell'attività (ristorante e spettacoli) dell'8 agosto, contro la quale il gestore del Cayo Blanco, il vicentino Fabio Damian, presenta ricorso con richiesta di sospensiva. Martedì il Tar respinge la sospensiva, evidenziando, tra l'altro, che il clamore mediatico della vicenda «a prescindere dalla effettività o meno di volontarie pratiche di discriminazione razziale, può oggettivamente essere fonte di provocazione e/o turbative dell'ordine pubblico in occasione dell'attività dell'esercizio».
L'INTEGRAZIONE
Inoltre, dice il Tar «in ricorso non sono documentate né la programmazione degli eventi, né la presumibile perdita conseguente alla loro cancellazione». Ma la sera stessa Damian ripresenta il ricorso, integrando la documentazione con l'entità dei danni (costo degli spettacoli già programmati 60mila euro, costi per le forniture 280mila, più le spese per il personale, da sostenere anche se il locale è fermo) e articoli di stampa. Il giorno dopo, ossia ieri, il Tar revoca il suo precedente decreto, riconoscendo che il locale ha già scontato sei giorni di chiusura, la cui prosecuzione causerebbe un danno «grave e irreparabile» (comunque non recuperabile dopo l'11 settembre), e che la dissociazione di responsabilità da parte del gestore rispetto al comportamento della security aveva ridimensionato la risonanza pubblica degli episodi contestati.
Diego Degan
© RIPRODUZIONE RISERVATA
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