IL RITRATTO
JESOLO Chi è Antonino Defina? Nell'ambito dell'inchiesta Carminus

Domenica 21 Luglio 2019
IL RITRATTO
JESOLO Chi è Antonino Defina? Nell'ambito dell'inchiesta Carminus della Dda di Torino deve rispondere di concorso in associazione per delinquere di stampo mafioso come previsto dall'articolo 416 bis del Codice penale. Con lui in carcere è finito, tra gli altri, anche il fratello Basilio, detto Vasili i Palumba, classe 1964, di due anni più grande e residente a Torino. Al Nord Nino è arrivato all'inizio degli anni Novanta, dopo essere sopravvissuto a un agguato a fuoco a Sant'Onofrio (Vibo Valentia) paese natale, nel bel mezzo di una guerra per il controllo del territorio fra la cosca di appartenenza Bonavoto e quella avversaria dei Petrolo. Era la sera del 2 agosto 1990 quando l'auto su cui viaggiava venne centrata da numerosi proiettili: lui rimase illeso, feriti in maniera grave due suoi amici, Salvatore Arone (arrestato pure lui lo scorso marzo nella maxi operazione della Dda di Torino) e Antonino Lopreiato.
L'ARRIVO
La presenza di Defina a Jesolo data attorno al 2011, quando la cooperativa riconducibile a lui, cominciò ad occuparsi della gestione del Golf Club per conto dell'impresa affidataria. È nel 2015 che gli investigatori del Ros di Padova cominciano a indagare su di lui. E nello stesso anno il sostituto procuratore della Dda di Venezia, Fabrizio Celenza, apre il fascicolo due anni più tardi trasmesso alla Dda di Torino e quindi confluito nel fascicolo BellaVita, sfociato lo scorso 18 marzo nell'arresto di 17 soggetti considerati appartenenti alla ndrina Bonavota. Famiglia di Sant'Onofrio che dalle forze di polizia veniva indicata come a capo di un gruppo libero con autonomia operativa fuori dal territorio di egemonia della casa madre, operante principalmente al nord Italia. L'arrivo di Nino i Palumba al Nord ricalca esattamente il copione che ha fatto stabilire in maniera definitiva in laguna un altro emissario della ndragheta, quell'Attilio Salvatore Violi che è finito in manette nel 2015 con l'operazione Picciotteria della Guardia di Finanza di Venezia sotto il coordinamento della pm antimafia Paola Tonini, che stroncò l'importazione di quintali di cocaina dal Sudamerica. Condannato in primo grado a 14 anni, Violi, 56 anni, santista legato ai Morabito di Africo, clan fra i più temuti della Locride, a Marcon saliva da circa vent'anni. Nel 2010, sul lungomare di Ferruzzano, nel corso di una sparatoria fu centrato all'addome e agli arti da nove colpi. Scappò anche per sfuggire alla giustizia. Riuscì a sopravvivere ma i medici dovettero amputargli una gamba. Le carte hanno confermato collegamenti con calabresi trapiantati nella provincia di Monza Brianza, la stessa dove anche Defina aveva ampliato la sfera d'influenza mettendo le mani sul golf club Villa Paradiso di Cornate D'Adda.
IL GIOCO
Nino i Palumba non si vedeva quasi mai a Jesolo. Veniva di tanto in tanto. Per fare il punto della situazione. Spesso con la moglie. E non disdegnava una puntatina, così tanto per gradire, al Casinò di Venezia a Ca' Noghera: nel più banale copione del malavitoso di rango. Non c'è di meglio che ripulire gli euro sporchi scommettendo al tavolo verde o sfidando le slot. Gentile, garbato, elegante, con un accento che nonostante l'inflessione sabauda conservava il timbro natio. Ed è il gioco il core business dell'organizzazione criminale smantellata in Piemonte dal Ros dei carabinieri e dal Gico della Finanza coordinata dalla Distrettuale antimafia. L'indagine, avviata nel 2012, ha preso le mosse da una serie di intimidazioni, minacce e attentati incendiari a danno di amministratori comunali per impedire loro che approvassero regolamenti più restrittivi per l'utilizzo e l'installazione delle slot machine nei locali pubblici. Nello specifico, tra il 2014 e il 2018 il vice sindaco e l'assessore del comune torinese di Carmagnola. Produzione e traffico internazionale di sostanze stupefacenti, trasferimento fraudolento di valori, estorsione, emissione di fatture per operazioni inesistenti e truffa: sono 17 le persone indagate e il valore dei beni sequestrati, tra società, conti correnti e cassette di sicurezza, supera i 45 milioni di euro. Il gruppo, secondo gli investigatori sarebbe guidato da tre capi, i fratelli Salvatore e Francesco Arone, 60 e 58 anni e, appunto, Antonino Defina.
Monica Andolfatto
© RIPRODUZIONE RISERVATA
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