IL RETROSCENA
VENEZIA Pronti a scendere sotto la quota di controllo di Aspi ma

Domenica 12 Luglio 2020
IL RETROSCENA
VENEZIA Pronti a scendere sotto la quota di controllo di Aspi ma niente soldi, le risorse finanziarie devono rimanere in Autostrade per l'Italia per lo sviluppo della società e gli interventi sulla rete. Attenzione però che i nuovi soci siano pubblici e attenti allo sviluppo, non fondi che intendano appesantire ulteriormente il debito di Aspi. Indennizzi per il crollo del ponte di Genova alzati a 3,4 miliardi. Ma se dovesse arrivare la revoca della concessione - ipotesi da scongiurare (quasi) a ogni costo - allora ci si dovrà rivolgere ai tribunali.
Ai piani alti di Atlantia, la holding che ha come azionista di riferimento l'Edizione della famiglia Benetton tramite Sintonia, non ci si fanno grandi illusioni sullo sbocco della trattativa col governo che va avanti da due anni, soprattutto dopo le parole dure del premier Giuseppe Conte a Venezia per la prova del Mose. Ma si sta cercando di fare tutto il possibile per trovare un'intesa senza pregiudicare gli interessi di tutti gli azionisti delle due società infrastrutturali - il 70% di Atlantia è sul mercato si fa notare, in Aspi ci sono due grandi soci al 12% complessivo come Allianz e il fondo cinese Silk Road - e garantire l'equilibrio finanziario di Aspi presente e futuro. Nell'ultima proposta presentata ieri c'è la disponibilità a scendere sotto il 50% - oggi Atlantia ha l'88% di Aspi - come la volontà di alzare gli indennizzi per il crollo del ponte di Genova a 3,4 miliardi. Atlantia è pronta al taglio delle tariffe (sempre mantenendo la stella polare della remunerazione ai soci e alla società) e aumenta gli investimenti da attuare per la rete a 13,2 miliardi con 7 miliardi per la manutenzione. Ma i Benetton come i soci di Atlantia non vogliono lasciare del tutto Aspi, la considerano ancora un asset importante per il gruppo e vogliono fare la loro parte per riportarlo in piena carreggiata dopo gli ultimi anni bui e gli errori fatti in passato da alcune controllate.
GESTIONE
Tenendo ben presente due aspetti: c'è un diritto di prelazione per gli altri due soci di Aspi in caso di vendita della quota di Atlantia. E c'è un mercato da rispettare. Il che vuol dire agenzie di rating e banche che non seguono logiche politiche ma puramente finanziarie, cruciali per garantire l'indebitamento di Aspi e le risorse necessarie per i nuovi interventi in Liguria come nel resto d'Italia. Dunque ben vengano Cassa Depositi e Prestiti e il fondo italiano F2i (già presente in vari aeroporti come quello di Trieste), e porte aperte anche ad altri investitori italiani e stranieri come gli australiani di Macquarie. Ma le risorse che apportano devono rimane in Aspi. E la loro entrata deve essere accompagnata da un solido progetto di sviluppo che non passi da una gestione di Anas. E se dovesse prevalere invece la logica punitiva di una certa politica, se insomma si volesse cacciare i Benetton e Atlantia revocando la concessione di Aspi, allora non resterebbe altra strada che quella legale.
INDENNIZZO
Tenendo presente che l'indennizzo definito dal Decreto Milleproroghe di circa 7 miliardi non è per gli uomini di Atlantia assolutamente adeguato non coprendo neppure l'indebitamento. Certo, quello previsto a suo tempo dall'allora ministro Antonio Di Pietro di 23 miliardi era forse esagerato, figlio com'era di un altro tempo - lo stop all'alleanza Abertis-Autostrade - come sono figli di questo tempo certi tentennamenti europei, o le ultime decisioni della Consulta (sulla quale forse in Atlantia si pensa non si dovesse dare tanta enfasi) e gli stop ai finanziamenti garantiti da Sace ad Aspi. Di fondo quello che si è cercato in tutti questi anni di trattative è scindere le responsabilità del passato e del crollo del ponte di Genova - la fiducia sulla Procura ligure è piena - da una realtà che ha quasi 7mila dipendenti, diversi soci ed è cruciale per l'Italia.
Maurizio Crema
© RIPRODUZIONE RISERVATA
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