IL RETROSCENA
ROMA Tre avvocati al governo, mentre i magistrati sono impegnati

Lunedì 17 Giugno 2019
IL RETROSCENA
ROMA Tre avvocati al governo, mentre i magistrati sono impegnati a parare i colpi di una bufera senza precedenti, hanno un'occasione non da poco. Ovvero metter mano ad una riforma organica del sistema-giustizia dopo i tanti maquillage dei precedenti governi.
LA SFIDA
I tre avvocati Conte, Bonafede e Bongiorno - nonchè premier e ministri, si vedranno mercoledì sera a palazzo Chigi, anche se rischiano di non essere soli visto che Matteo Salvini ha lasciato libera l'agenda e potrebbe quindi costringere anche Di Maio alla presenza.
Sul tavolo le proposte del Guardasigilli pronte da tempo e, sostengono in via Arenula, note anche alla collega Giulia Bongiorno. Il problema è che l'inchiesta su Palamara e Lotti ha prodotto una tale valanga di intercettazioni a strascico, da cambiare l'ordine delle priorità e scavare un solco ulteriore tra M5S e Lega. Riformare i meccanismi di elezione nel Csm, così come indirettamente auspicato anche dal Quirinale con la convocazione ad ottobre delle suppletive, sarebbe quindi sulla carta il tassello forse più facile di un'intesa molto complicata. Lo scontro tra M5S e Lega sull'uso delle intercettazioni e sulla durata delle indagini preliminari, rivela una concezione della giustizia diametralmente opposta tra leghisti e grillini. I segnali erano già emersi al tempo del varo dello cosiddetto spazza corrotti, e sono destinati ad essere ancora più forti qualora il vicepremier leghista dovesse decidere di proseguire sulla linea dei giorni scorsi e il collega grillino dovesse continuare a strizzare l'occhio alla componente di Davigo tradizionalmente vicina al M5S. La novità è che il ribaltone interno al Csm - dovuto al gioco delle dimissioni - potrebbe spingere i premiati e filo-grillini a non avere particolare interesse ad una riforma che li costringerebbe alle dimissioni senza magari aver provveduto alle nomine nelle procure scoperte.
Per non toccare il Csm, e quindi il cuore del meccanismo spartitorio, serve quindi scontrarsi su altro e gli argomenti non mancano. Il più caldo resta quello della durata dei processi che il M5S vorrebbe di fatto senza fine anche se nella riforma il ministro Bonafede ha inserito tre scaglioni dentro i quali, a seconda dei reati, le indagini vanno svolte. Il tutto senza toccare l'articolo 407 del codice di procedura penale secondo il quale le indagini possono arrivare a 18 mesi, due anni per alcuni reati, salvo proroghe. La Lega, attraverso la ministra Bongiorno,è invece di tutt'altro avviso e propone la fissazione di «termini perentori» su tutte le fasi del processo e soprattutto per le indagini preliminari.
LA VISTA
Ancor più ampie le divaricazioni in tema di intercettazioni. Sull'argomento sabato si è esercitato un post del blog grillino in difesa dell'attuale meccanismo che, proprio nell'inchiesta su Palamara, ha dimostrato lacune in grado - per qualcuno - di trasformarsi in arbitrio. Il «divieto assoluto» delle parti di intercettazioni non attinenti all'inchiesta, e relativa sanzione nei confronti dei magistrati, viene chiesto con una certa forza dalla Lega e rappresenta l'elemento più vistoso della spaccatura nella maggioranza.
Il vertice di mercoledì a palazzo Chigi convocato dal presidente del Consiglio, rischia quindi di non essere risolutivo e l'argomento rischia di aggiungersi alla lunga serie di questioni da accantonare per evitare che diventino dirompenti. Della questione è probabile che si parli oggi nella riunione che il vicepremier Di Maio ha in mattinata con tutti i ministri grillini.
Eppure nel contratto di governo c'è una parte relativa al Csm dove M5S e Lega hanno scritto che occorre «una revisione del sistema di elezione» per «rimuovere le attuali logiche spartitorie e correntizie». Non solo, dopo l'esplosione dell'inchiesta che riguarda Palamara, tutte le forze politiche, di maggioranza e di opposizione, ha chiesto una del Csm. Senza contare i propositi che inzeppano i programmi dei partiti nel momento elettorale, di riforma della giustizia che non si fa, per debolezza forse proprio della politica, malgrado continui a rappresentare anche il freno maggiore per gli investimenti italiani e, soprattutto, esteri.
Marco Conti
© RIPRODUZIONE RISERVATA
© RIPRODUZIONE RISERVATA

PIEMME

CONCESSIONARIA DI PUBBLICITÁ

www.piemmemedia.it
Per la pubblicità su questo sito, contattaci