IL RETROSCENA
ROMA Si fa presto a dire responsabili e osannarli non come voltagabbana

Lunedì 17 Febbraio 2020
IL RETROSCENA
ROMA Si fa presto a dire responsabili e osannarli non come voltagabbana ma salvatori della Patria. Il problema non è trovarli, perchè la disperazione fa spesso strame dei buoni propositi. Il problema è come metterli insieme. Perchè l'ambizione degli organizzatori non è quella del one show, ma di uno spettacolo che sia in grado di durare.
IL SOGNO
Pur senza avere la pretesa di eguagliare la durata di Aggiungi un posto a tavola, si pensa in qualche modo di sfruttarne il format con i responsabili che andrebbero a comporre una coalizione tra diversi, pur sempre nemici, ma uniti dalla voglia di fermare i barbari che minacciano il sogno di restare parlamentari, mentre - per dirla alla Gigi Marzullo - una legislatura sta per finire e una nuova sta per cominciare.
D'altra parte «i problemi acutissimi del campo democratico», denunciati da Goffredo Bettini con un post sui social, vengono imputati a Iv. Poco importa se la piazza grillina di sabato non abbia contribuito a radicare quel sogno di alleanza organica tra Pd e M5S che dovrebbe permettere a Giuseppe Conte di non tornare a fare l'avvocato. In fondo per non spezzare il sogno di 945 parlamentari, destinati a ridursi a 600 al prossimo giro, basta poco se - come sostiene il costituzionalista e deputato del Pd Stefano Ceccanti - il referendum di fine marzo sul taglio dei parlamentari ha dilatato il semestre bianco. Ma il fatto che la legislatura non possa concludersi in anticipo non esclude un cambio di governo, anzi. Renzi ne è ben consapevole e alimenta l'ipotesi che innervosisce gli inquilini di palazzo Chigi che partono a caccia di responsabili contando su malpancisti e peones.
E così capita che l'ex ministro Lorenzo Fioramonti venga appellato da un dem come «leader della sinistra del futuro». O che Renata Polverini venga inseguita da un ex renziano per i corridoi di Montecitorio. Un film già visto in precedenti legislatura, ma stavolta il numero dei corteggiati e dei corteggiatori si eguaglia perché tutti vengono spediti alla caccia di chiunque. Persino un democristiano per sempre, come Gianfranco Rotondi è costretto a respingere le avance. Eppure, insieme a Lorenzo Cesa, Rotondi conta di avere Conte ad un convegno a maggio sulla figura di Aldo Moro, dopo aver avuto il premier sul palco delle celebrazioni dell'irpino Fiorentino Sullo. «Conte sta dialogando con tutto il mondo cattolico ed è interessato al nostro stesso brand - spiega Rotondi - ma dietro la caccia ai responsabili non vedo un'operazione politica ma solo il tentativo di acquisto di uti singuli». I cambi di casacca sono un po' come i rigori che irritano quando non vengono assegnati alla propria squadra. Una prova la offre Matteo Salvini il quale, come fa notare l'azzurro Osvaldo Napoli, di cambi ne ha favoriti molti, ma giudica i possibili responsabili «una miseria» perché pensano «solo al proprio conto corrente».
Dalle conversazioni contenute nelle chat interne a Forza Italia si scorgono numerosi potenziali miserabili che nei momenti più tormentati prendono coraggio e postano considerazioni più o meno devastanti sul futuro dl partito. L'ultima sortita, prontamente respinta da Giorgio Mulè. è stata quella di Antonio Martino, deputato abruzzese da tempo in odore di Lega. Ed il fatto che l'opposizione attragga più del governo riduce i confini dei cacciatori di teste messi in campo dai dem e da palazzo Chigi. Il rischio di uscire cardinale dal conclave nel quale si entra per dar vita ad un Conte ter, ieri mattina ha frenato Conte che, costretto a smentire i ragionamenti del giorno prima, ha ringalluzzito la pattuglia renziana oggetto da giorni di una sequela di insider che non l'hanno indebolita proprio perchè la legislatura è al sicuro mentre il futuro è tutto da costruire e nè il Pd nè il M5S possono offrire garanzie in più di Renzi.
Nel Pd la prudenza della pattuglia degli ex Dc, da Dario Franceschini a Lorenzo Guerini, è segno di insofferenza e stride con l'ultimatum dell'ex Pci Goffredo Bettini. Dare un senso strategico all'alleanza con il M5S dopo la piazza di sabato e il cannoneggiamento renziano, risulta infatti molto più complicato. A meno che non venga rispolverata la teoria della maggioranza Ursula proposta nello scorso agosto da Romano Prodi e che doveva basarsi sulle forze che a Strasburgo hanno eletto la nuova presidente della Commissione europea. Una strategia che però, oltre ad essere molto diversa da quella seguita sinora dal Pd, rischia di somigliare troppo al progetto renziano di tagliare fuori i populismi che hanno innervato l'azione del precedente governo e di trovare sintonie con Forza Italia e i centristi alla Rotondi. Niente Lega, quindi, ma fuori dal nuovo arco costituzionale anche quella parte del M5S che difende non solo il populismo giudiziario contenuto nella riforma M5S-Lega sulla prescrizione, ma anche i decreti sicurezza.
Marco Conti
© RIPRODUZIONE RISERVATA
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