IL RETROSCENA
ROMA Se qualcuno nella Lega si era illuso che un atteggiamento

Giovedì 24 Ottobre 2019
IL RETROSCENA
ROMA Se qualcuno nella Lega si era illuso che un atteggiamento soft durante la riunione del Copasir avrebbe spinto Giuseppe Conte a ricambiare, si è dovuto ricredere qualche ora dopo. L'attacco sferrato dal presidente del Consiglio a Matteo Salvini è durissimo perché colpisce il leghista nell'aspirazione a guidare il Paese, quando «non ha sensibilità istituzionale», e non spiega «che ci faceva con Savoini» in Russia.
I RUBLI
Un ribaltamento delle accuse che Conte fa sentendosi forte del riconoscimento Usa che tira fuori i servizi italiani giudicandoli estranei alla vicenda del Russiagate, e di qualche altro dettaglio, come ipotizza la senatrice di FI Anna Maria Bernini. La sfida a Salvini a fare altrettanta chiarezza arriva a pochi giorni dal voto in Umbria e coglie il leader della Lega in difficoltà proprio perché non sono ancora noti i contorni della vicenda dei presunti rubli che sarebbero dovuti arrivare - tramite Savoini - al Carroccio, e che saranno oggetto di una nuova puntata di Report. E' significativo che Conte, sia durante l'audizione a San Macuto che in conferenza stampa, non abbia mai usato l'espressione Russiagate, parlando invece di «caso Barr». Una distinzione non solo lessicale, ma che poggia sulla volontà di sottolineare che un conto sono le richieste americane e un conto quelle russe, visto che i primi sono alleati mentre i secondi - malgrado i buoni rapporti diplomatici e commerciali - sono geopoliticamente lontani e sotto sanzioni della Ue.
Del tema che riguarda i rapporti della Lega con Mosca - compresa la faccenda del petrolio - ieri pomeriggio non si è parlato. I commissari in quota Lega, presidente Volpi compreso, si sono ben guardati dall'accendere lo scontro. Al senatore di Italia Viva Ernesto Magorno è toccato il compito di puntualizzare alcuni passaggi della relazione del premier, ma alla fine tutto è sembrato scivolare liscio, malgrado qualche commissario alla fine non è sembrato del tutto convinto specie sul perché i vertici dei servizi siano stati mandati ad interloquire con un politico, visto che William Barr è un ministro anche se sovraintende all'FBI. Sbavature che non spostano la sostanza di quei rapporti tra intelligence di paesi alleati che sono una costante e che stavolta hanno riguardato l'operato di tre governi.
Conte ha infatti spiegato che la richiesta americana risale a giugno - in pieno governo gialloverde - e ha di fatto coinvolto anche l'operato dei servizi dei governi Renzi e Gentiloni visto che gli americani volevano sapere che fine avesse fatto Mifsud, il professore maltese che - nella ricostruzione di Barr - potrebbe essere un agente provocatore che voleva incastrare Trump dimostrando che si era avvalso dell'aiuto di Mosca per essere eletto. Conte ha difeso compattamente l'intelligence, anche se i vertici sono cambiati e, scagliando una pesante accusa nei confronti di Salvini, ha anche cercato di mettere a tacere coloro che nella maggioranza, grillini e renziani in testa, avevano inizialmente storto il naso. Una difesa dei governi Gentiloni e Renzi che serve per ricompattare la maggioranza, dopo le polemiche sulla manovra, e indicare quale sia il vero avversario.
IL CUCITO
A chi gli chiede perché non abbia informato i ministri competenti Conte replica ricordando la legge secondo la quale il premier «non divide con nessun ministro o leader politico», le responsabilità sull'intelligence. Mentre il Copasir «ha diritto e dovere di verificare e controllare, ma a posteriori». Sul fatto che le richieste di Barr attenessero molto poco alla sicurezza nazionale e forse più all'attività della magistratura, i dubbi restano. Ma Conte e Vecchione, capo del Dis, hanno ieri cucito una versione che difficilmente verrà smentita dalla relazione che lo stesso Barr farà a Trump.
Resta da capire come e chi abbia avuto interesse a rendere pubblica questa richiesta di informazioni americana. All'inizio della vicenda fu lo stesso Conte a promettere di voler far chiarezza all'interno dei servizi dove rimane forte il rapporto del premier con Vecchione.
Marco Conti
© RIPRODUZIONE RISERVATA
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