IL RETROSCENA
ROMA La Tav in Parlamento. Così come le intese sull'autonomia

Mercoledì 24 Luglio 2019
IL RETROSCENA
ROMA La Tav in Parlamento. Così come le intese sull'autonomia regionale. Per comprendere come si concluderà l'ennesimo episodio della sit-com giallo-verde occorre attendere ancora. Il vicepremier Luigi Di Maio ieri sera ha infatti annunciato che sulla Torino-Lione l'ultima parola sarà delle Camere, e altrettanto ha sostenuto ieri l'altro il presidente della Camera Roberto Fico, parlando di autonomia
Malgrado i bellicosi propositi grillini la settimana si avvia a conclusione con la Lega decisamente in vantaggio anche se il pacchetto autonomia è ancora per aria. Dopo il sì alla Tav di Conte - razionalmente scontato, ma politicamente decisivo - Matteo Salvini si appresta oggi ad incassare alla Camera il voto di fiducia sul decreto sicurezza-bis e al Senato la difesa del premier, e dell'alleato, sul Russiagate.
LA SFIDA
Tre condizioni il leader del Carroccio aveva posto nei giorni scorsi, e tre ha ottenuto. Resta ancora in sospeso la questione dell'autonomia regionale, ma l'accordo potrebbe trovarsi anche se il dovuto passaggio parlamentare delle intese Stato-regioni non è detto che penalizzi le richieste del Carroccio.
Malgrado le continue accuse di eccessiva arrendevolezza, il presidente del Consiglio sempre più spesso si fa protagonista assumendo su se stesso quelle iniziative che i suoi due vice - seppur su temi differenti - tendono a rinviare. E così ieri Conte si è messo davanti ad una telecamera e ha registrato un lungo discorso parlando, berlusconianamente, direttamente a cittadini ed elettori. Anche se la decisione era nell'aria da tempo - e di fatto annunciata da Conte nella conferenza stampa-ultimatum avvenuta a palazzo Chigi subito dopo le elezioni europee - il terremoto provocato dentro il Movimento scuote la leadership di Di Maio già alla prese con la faccenda dell'azzeramento della regola dei due mandati.
Salvini incassa ed evita di andare oggi pomeriggio al Senato a far da guardiano al premier Conte. E così a Salvini, ammesso che ne abbia avuto veramente l'intenzione, mancano ora anche gli argomenti per aprire una crisi di governo. Incassato in pochi giorni tutto ciò che aveva chiesto e preteso, resta complicato spiegare agli italiani, il 24 o il 25 luglio, che si dovrà andare al voto anticipato ad ottobre perché le regioni Lombardia e Veneto non hanno ottenuto la possibilità di assumere propri insegnanti, di incassare i pedaggi delle autostrade e di tenersi tutto il gettito fiscale. La mossa del cavallo fatta ieri da Conte facendo saltare gli incontri a palazzo Chigi sull'autonomia, è servita per evitare che la Lega facesse piatto e per preparare con maggiore serenità un consiglio dei ministri nel quale anche Salvini - e i governatori Zaia e Fontana - dovranno cedere qualcosa.
Malgrado il presunto pressing di una parte del Carroccio, Salvini è convinto che sulle contraddizioni del M5S può ancora lucrare molti punti percentuale. Tornare ora nel recinto del centrodestra, come vorrebbe chi per settimane ha immaginato il voto a settembre, significherebbe per il ministro dell'Interno smentire una narrazione giocata, sin dall'inizio della sua ascesa a via Bellerio, in contrapposizione a Bossi come a Berlusconi. Continuare invece a tenere in piedi il governo ha permesso sinora alla Lega sui svuotare il M5S.
L'INCOGNITA
L'incognita che però inizia a profilarsi, e che da qualche tempo irrita lo stesso Salvini, è il ruolo che sta assumendo Conte. Il presidente del Consiglio ieri ha confermato di voler spingere l'azione di governo anche oltre, e malgrado, i continui botta e risposta tra i due suoi vice. «Il silenzio a palazzo Chigi preoccupa», ha sostenuto ieri il presidente della regione Lombardia Attilio Fontana dopo aver appreso della cancellazione dei tavoli tecnici sull'Autonomia regionale.
Sulla Tav Conte ha sfruttato al massimo il vincolo esterno rappresentato dall'Europa e dal no francese a possibili modifiche. Lo stesso farà sull'autonomia chiesta dalle regioni del Nord. La Costituzione e le proteste dei governatori delle regioni del Mezzogiorno, che hanno inziato ad alzare la voce, rappresentano per il presidente del Consiglio il vincolo - stavolta interno - attraverso il quale contenere le richieste del Nord. Il tutto nella convinzione che Salvini non abbia nessuna intenzione di cedere alle richieste di crisi di governo su un tema che riporterebbe la Lega ad una dimensione diversa da quella nazionale che il ministro dell'Interno ha dato in questi mesi.
Marco ContI
© RIPRODUZIONE RISERVATA
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