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IL RETROSCENA
ROMA La crisi diplomatica con Vienna è a un passo. Giuseppe

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Mercoledì 25 Novembre 2020
IL RETROSCENA
ROMA La crisi diplomatica con Vienna è a un passo. Giuseppe Conte non ha preso affatto bene la determinazione dell'Austria ad aprire gli impianti di sci, se non avrà da Bruxelles un indennizzo economico. E da fonti diplomatiche che seguono la trattativa filtra che il governo italiano non esclude perfino la misura estrema di chiudere in uscita il confine del Brennero, se non riuscirà il tentativo del premier italiano di convincere il cancelliere Sebastian Kurz a tornare sui suoi passi. Un nuovo colloquio è previsto nelle prossime ore.
Il malumore italiano cresce. «Ciò che potrebbe accadere è allarmante e assurdo», dice un ministro, «se noi come abbiamo annunciato chiudiamo gli impianti sciistici e l'Austria no, i nostri sciatori andranno oltre confine portando soldi agli austriaci e riportando indietro il virus. Così a gennaio ci troviamo con la terza ondata dell'epidemia. D'importazione. E' inaccettabile». Da qui l'idea di sbarrare in uscita il Brennero, forse solo per chi vorrà andare a sciare oltre confine.
«Ma prima di minacciarci, pensiamo ad armonizzarci», frena un'alta fonte diplomatica. Però l'ipotesi di chiudere la frontiera è in piedi. La fa balenare anche il ministro-presidente della Baviera Markus Soeder che, al pari dell'Italia, ha deciso di fermare la stagione sciistica: «Se vogliamo mantenere aperte le frontiere, abbiamo bisogno anche di un chiaro accordo sullo sci. Altrimenti è difficile andare avanti».
La trattativa, per evitare un durissimo colpo al trattato di Schengen e alle relazioni bilaterali con l'Austria (mai buone negli ultimi anni), comunque è in corso. In una telefonata con la presidente della Commissione europea, Ursula von der Leyen, Conte ha cercato la sponda di Bruxelles. E l'ha ottenuta: «Un'armonizzazione delle misure restrittive è la soluzione migliore», ha detto la presidente, garantendo il sostegno della Commissione alla mediazione che stanno conducendo Roma, Parigi e Berlino. «Regole Ue sono escluse, al massimo raccomandazioni», dicono a palazzo Chigi.
Così conte, assieme ai ministri Roberto Speranza (Salute), Luigi Di Maio (Esteri) ed Enzo Amendola (Europa) - che stanno sentendo uno ad uno i propri omologhi di Francia, Germania, Slovenia, Repubblica Ceca, Spagna (per i Pirenei), Austria e perfino della Svizzera, anche se fuori dalla Ue - ha già avuto diversi contatti con Angela Merkel ed Emmanuel Macron. L'interlocuzione ha funzionato: anche Germania e Francia vietano lo sci. Ma non basta, mancano all'appello i Paesi alpini. L'obiettivo - visto che non può essere Bruxelles a decretare la chiusura degli impianti da sci - è, appunto, un'armonizzazione delle misure con lo stop della stagione sciistica fino al 10 gennaio.
IL NO IN ITALIA
«Se Vienna si chiamerà definitivamente fuori dall'accordo cui stiamo lavorando», dice un altro ministro, «farà una mossa decisamente scorretta». Perché una cosa è certa: il governo, anche se l'Austria aprirà allo sci, confermerà lo stop alle settimane bianche almeno fino all'Epifania. «Non intendo ripetere gli errori di Ferragosto, non ce lo possiamo permettere. Perciò non possiamo dare il via a vacanze indiscriminate sulla neve. È vero che le Regioni hanno fatto un protocollo per gli impianti da sci, ma il problema è che è incontrollabile tutto ciò che ruota attorno alle vacanze sulla neve». Cene affollate in albergo, feste, balli, rifugi stracolmi. In sintesi: sarebbe il bis delle discoteche in estate e l'innesco della terza ondata, secondo gli esperti Giovanni Rezza (direttore Prevenzione del ministero della Salute) e Franco Locatelli (presidente del Consiglio superiore della Sanità).
LE ALTRE MISURE
C'è poi il tema delle misure di Natale. Oggi i capidelegazione della maggioranza si riuniranno per cominciare a mettere a punto il piano che sarà in vigore dal 4 dicembre (quando scadrà l'ultimo Dpcm) al 6 o 10 gennaio. E che verrà illustrato da Speranza in Senato mercoledì prossimo. La linea è quella nota e si può condensare nello slogan: «Shopping sì, cenoni no». Traduzione: dal 4 dicembre (quando quasi tutta l'Italia sarà in zona arancione o gialla) verrà data la possibilità ai negozi e centri commerciali di aprire fino alle 22, in modo di evitare le resse nei locali (dove gli ingressi saranno contingentati) e nelle strade dello shopping. Sarà invece confermato il coprifuoco dalle 22 alle 5 che, a partire dal 19 o 23 dicembre potrebbe essere anticipato alle 21 per impedire le cene tra familiari e amici. Con un numero massimo di partecipanti raccomandato («nelle case non possiamo entrare», ha detto Conte): tra 6 e 10, esclusi i bambini. «Il numero esatto lo valuteremo al vertice, ma bisognerà limitarsi agli affetti più stretti», ha annunciato Speranza.
Tale è il timore della terza ondata dell'epidemia che è evaporata la deroga per il 24 dicembre (con coprifuoco spostato all'una di notte) per consentire la partecipazione alla Messa della Vigilia: «Il coprifuoco vale anche per questa», ha detto Speranza. E probabilmente verrà archiviata anche la deroga, allo stop della circolazione tra Regioni (anche in zona gialla), per i ricongiungimenti familiari.
Alberto Gentili
© RIPRODUZIONE RISERVATA
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