IL RETROSCENA
ROMA Archiviata anche l'ultima affascinante polemica sul passaporto

Domenica 31 Maggio 2020
IL RETROSCENA
ROMA Archiviata anche l'ultima affascinante polemica sul passaporto sanitario, che solo la Sardegna continua ad invocare, si procede verso quella riapertura totale del Paese che un po' intriga e altrettanto terrorizza. Dopo settimane passate in trincea, ieri il presidente del Consiglio Giuseppe Conte ha lasciato al ministro Francesco Boccia il compito di effettuare una ricognizione tra i presidenti di regione, spesso più disponibili nelle conversazioni private di quanto non risultino essere sui social e nelle riunioni di gruppo.
LE ZONE
La scelta fatta dal governo di non rinnovare il decreto-chiusura, che scade alla mezzanotte di dopodomani, si basa sui dati forniti, provincia per provincia, dal ministero della Sanità. Un monitoraggio che continuerà nelle prossime settimane, con una particolare attenzione alle regioni - Lombardia in testa - dove il contagio scende, ma non con la velocità necessaria. La ritrovata libertà di circolazione degli italiani preoccupa gli amministratori locali, specie del centrosud. Timori che in parte il governo condivide al punto che non esclude la possibilità che possano emergere nuovi focolai anche nelle zone che da tempo registrano zero-contagi. Un rischio immediato, ma che il Paese - e non solo l'Italia - dovrà correre anche nei mesi futuri visto che gli scienziati sostengono da tempo che avremmo a che fare con il virus sino al vaccino. Non si può quindi escludere che si debba di nuovo intervenire chiudendo intere zone o province. Speranza e Conte ne sono consapevoli e sono pronti ad intervenire anche in supplenza dell'amministrazione regionale competente.
Il ministro della Salute, tra i più cauti nelle riaperture, alla fine ha condiviso la scelta di non prorogare il blocco della circolazione infra-regionale dopo aver valutato i dati della Lombardia che ancora ieri ha fornito più della metà dei contagiati registrati in Italia, a fronte però di un altissimo numero di tamponi effettuati. Funziona il sistema di monitoraggio, come hanno ormai ripreso fiato da tempo ospedali e terapie intensive. Due fattori che spingono Conte e Speranza a ritenere che il virus possa essere gestito senza gli affanni delle scorse settimane, ma con le cautele e le prescrizioni dovute.
Ragionamenti che ieri il ministro Boccia ha più o meno ripetuto ai presidenti di regione, e che ricalcano quelli già fatti in occasione della riapertura delle attività economiche decisa anch'essa non a scacchiera ma su tutto il territorio nazionale. Conversazioni a tu per tu nelle quali i presidenti delle regioni del Sud hanno espresso al ministro per gli Affari regionali preoccupazione, pur condividendo a vario modo - eccetto il governatore campano - la necessità della riapertura dopo cento giorni di blocco. Il tentativo di mediazione messo in atto da palazzo Chigi e da Boccia ha lo scopo di evitare fughe in solitaria di presidenti e ordinanze restrittive che aprirebbero la strada ad un caotico contenzioso, vista la volontà espressa dal governo di voler ricorrere contro le ordinanze regionali restrittive.
UN FIORINO
Nella contesa con le regioni palazzo Chigi sta spendendo tutto il suo peso anche per non entrare in contraddizione con il lavoro che sta facendo in Europa il ministro degli Esteri Luigi Di Maio. Sostenere che dal 15 giugno i paesi europei dovranno riaprire tutti i loro confini e dover fare poi i conti con qualche regione che vorrebbe tenere chiusi i propri, sarebbe un clamoroso autogol. Conte è però convinto che il senso di responsabilità dei cittadini prevarrà e che alla fine molti dei timori di queste ore svaniranno, come sono svaniti i 151 mila in terapia intensiva che qualcuno profetizzava dopo le riaperture del 18 maggio. Da mercoledì ci si potrà quindi spostare di regione, e cade anche l'obbligo della quarantena per chi proviene dai paesi europei. Un requisito che però alcuni presidenti di regione potrebbero reintrodurre con apposita ordinanza caricandosi però la responsabilità di azzerare il turismo che, in campagna elettorale, forse non conviene. Quindi, per dirla con De Luca: tutti a Positano.
Marco Conti
© RIPRODUZIONE RISERVATA
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