IL RETROSCENA
ROMA Ancora tensioni e ancora un rinvio. Non c'è pace della

Giovedì 2 Luglio 2020
IL RETROSCENA
ROMA Ancora tensioni e ancora un rinvio. Non c'è pace della maggioranza sul decreto semplificazioni che Giuseppe Conte vorrebbe portare domani in Consiglio dei ministri. E neppure sul taglio dell'Iva che il premier, in difficoltà e sotto assedio, rilancia. Questa volta descrivendo un piano di intervento dettagliato, legato alla lotta all'evasione. Ma la proposta, almeno per il momento, va a sbattere contro i soci di maggioranza e il ministro dell'Economia, Roberto Gualtieri. Tutti orientati a proseguire piuttosto sulla strada della riduzione del costo del lavoro e a rinviare il taglio dell'Iva in autunno, assieme alla riforma complessiva del fisco. Irpef, Irap e Ires incluse.
Ma andiamo con ordine. L'ennesimo vertice sulla «madre di tutte le riforme», come il premier chiama il decreto semplificazioni, è ripartito da dove era terminato la notte prima: dalla cancellazione della sanatoria edilizia proposta da Conte e bocciata dall'intera maggioranza. Il presidente del Consiglio, questa volta si è però preso una rivincita. Spalleggiato dal 5Stelle Alfonso Bonafede e dai renziani Davide Faraone e Raffaella Paita, è riuscito a strappare il mezzo sì di Pd e Leu a un pacchetto di deroghe per realizzare le opere pubbliche strategiche con sul modello Genova. Con commissari ad hoc e senza gara d'appalto.
Il via libera non è ancora certo e di sicuro non è stato indolore. Di fronte allo stop del vicesegretario dem, Andrea Orlando, Bonafede ha alzato la voce sostenuto (in un'inedita alleanza) da Faraone e Paita: «Caro Andrea, con questo atteggiamento non sembri fare attenzione alla gravità della crisi economica e ai forti rischi per l'occupazione. Eppoi, questo decreto si chiama semplificazioni, se complichiamo le procedure...». Secca la replica di Orlando: «Caro Alfonso, vorrei ricordarti che non sei qui per fare campagna elettorale. Anche noi vogliano semplificare, ma non abolendo il sistema dei controlli. Cancellare le gare d'appalto senza stabilire le opere strategiche è un modo per creare le condizioni per un'illegalità diffusa».
Ed è a questo punto che è spuntata una mediazione: sì alle procedure straordinarie e semplificate, ma solo per le opere pubbliche considerate strategiche e inserite in un elenco (in serata incontro tra i tecnici e la ministra delle Infrastrutture Paola De Micheli), oppure individuate «in base a criteri oggettivi». «Oggi proviamo a chiudere», azzarda un partecipante al vertice.
Buio pesto, invece, su come scrivere il nuovo abuso d'ufficio in modo da togliere ai funzionari pubblici la «paura della firma» (Conte docet). Da una parte c'è Italia viva che chiede di rinviare la questione a un altro provvedimento: «Non è questa la sede, il codice penale non si cambia per decreto», ha osservato Faraone. Dall'altra il premier, i 5Stelle che su questa materia (come sugli appalti) avrebbero dismesso i panni giustizialisti. In mezzo, in posizione neutra il Pd e Leu. «Le distanze sono minime, la soluzione si troverà nelle prossime ore», garantiscono a palazzo Chigi. Nel vertice fissato per questa mattina.
Che ci sia voglia di andare avanti, perché come dice Matteo Renzi «questo governo può cadere solo a causa di un autogol», è dimostrato da Nicola Zingaretti e da Luigi Di Maio. A vertice ancora in corso, dopo le cannonate dei giorni scorsi contro «l'immobilismo» di Conte, il segretario del Pd è corso a benedire il decreto: «Le cose migliorano, ci sono ottime scelte». Il ministro 5Stelle agli Esteri, dato tra i nemici giurati di Conte, ha invitato «tutti» ad «abbassare i toni e a trovare soluzioni».
LA DOPPIA MOSSA
Tra queste per Conte c'è il taglio dell'Iva. Il 21 giugno, a chiusura degli Stati generali per il rilancio dell'economia, Conte aveva lanciato la proposta della sforbiciata, subito stoppato da Gualtieri («troppo costosa»), dal Pd, da Italia Viva, Leu e perfino dai 5Stelle. Tutti a dire che era meglio affrontare la questione a fine anno, assieme alla riforma complessiva del fisco. E che, in ogni caso, la linea guida resta la riduzione del costo del lavoro per ridurre i rischi di un'ondata di licenziamenti.
Ebbene, Conte è tornato alla carica con la classica tattica di un colpo al cerchio e l'altro alla botte. Da una parte ha spezzato una lancia a favore delle richieste dei suoi soci: «Abbiamo deciso di rendere strutturale» la sforbiciata al cuneo fiscale appena scattata. Dall'altra ha dettagliato il suo piano sull'Iva collegandolo alla lotta all'evasione: sconto del 10% per i settori più in crisi (turismo, bar, ristoranti, negozi di abbigliamento), per tre mesi a partire da settembre e solo per chi paga con carta di credito o bancomat. Ma dal Tesoro fanno sapere che è solo una delle diverse ipotesi al vaglio. E dagli alleati non arriva alcun commento, a riprova che la strada è quantomai insidiosa.
Alberto Gentili
© RIPRODUZIONE RISERVATA
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