IL RETROSCENA
MESTRE «Col Mose in funzione la città sarebbe stata all'asciutto».

Venerdì 15 Novembre 2019
IL RETROSCENA MESTRE «Col Mose in funzione la città sarebbe stata all'asciutto».
IL RETROSCENA
MESTRE «Col Mose in funzione la città sarebbe stata all'asciutto». Lo dice l'ingegnere idraulico Giovanni Cecconi (già a capo dei sistemi informativi del Consorzio Venezia Nuova e animatore di un laboratorio sulla resilienza) che, assieme al professor Luigi D'Alpaos fra i massimi esperti di ingegneria idraulica e ambientale e autore del libro SOS Laguna, e Riccardo Mel ricercatore e allievo del prof D'Alpaos, ha attivato il modello matematico che mostra come si comporterebbe il Mose verificando che a Venezia la marea sarebbe arrivata al massimo a 100 centimetri e a Chioggia a 100 o a 110. E lo confermano i modelli che sostengono che le paratoie, il 12 novembre, si sarebbero potute alzare alle 19.45 quando l'acqua toccava il metro alla Salute. Dalle simulazioni emerge che si sarebbero registrati 113 centimetri alla Salute e 126 a Chioggia.
Gli ambientalisti, però, proprio utilizzando le posizioni del professor D'Alpaos, dicono che il sistema delle barriere mobili sarà non solo inutile ma pure dannoso. «La disinformazione fa brutti effetti, è come se io ingegnere esperto di idraulica mi inventassi cardiochirurgo - afferma Cecconi -. Gli ambientalisti dicono, ad esempio, che col vento forte il Mose sfarfalla e siccome i venti forti sono una caratteristica sempre più presente a causa dei mutamenti climatici, il Mose non funziona. Niente di più falso, perché si basa sull'assunto che le paratoie del Mose stanno per forza a 45 gradi. Ma chi l'ha detto. Non è così. Se c'è vento forte le paratoie possono essere mantenute tranquillamente sotto il pelo dell'acqua, quindi Venezia è protetta ugualmente e le paratoie non vengono danneggiate perché la spinta è neutra».
Tornando al disastro di martedì, col Mose in funzione cosa sarebbe successo?
«Parliamo di un evento eccezionale di quelli che capitano due volte in un secolo, quindi per precauzione il Mose sarebbe stato attivato quando la marea era a 60 centimetri, con una riserva di sicurezza di 15 centimetri sulla minima marea precedente. Le procedure del Consorzio Venezia Nuova (Cvn) per la gestione del sistema stabiliscono proprio questo: quando si prevede un evento intenso, con marea superiore a 130 centimetri o che duri oltre 9 ore, non si sta a ragionare per quanto tempo occorrerà tenere le paratoie alzate, ma si chiude alla marea minima, appunto a 60 centimetri, e si lascia attivo fino al termine dell'allarme meteo».
Così, però, si blocca il porto per un giorno intero o anche di più.
«Parliamo di eventi estremi, non della quotidianità. Normalmente, in caso di alta marea il Mose verrà attivato per poche ore».
Nel 1966 l'acqua ci mise 9 ore a salire a 194 centimetri, martedì in mezz'ora è successo il finimondo.
«La situazione tre giorni fa era molto complessa, per via del vento di bora che soffiava in laguna e del vento di scirocco che soffiava in mare. Quando la bora ha mollato, in laguna è entrato lo scirocco con direzioni molto sfavorevoli per la città dato che entrava dritto come un fuso. Venezia, inoltre, è stata sottoposta al rimbalzo di Chioggia, che ha subito il picco di alta marea prima di Venezia, e all'effetto dello scirocco rinforzato che soffiava con raffiche di 100 chilometri l'ora».
E date queste condizioni come fate ad essere sicuri che, col Mose, a Venezia la marea non avrebbe superato il metro?
«È un modello matematico e il prof D'Alpaos all'Ateneo Veneto lo ha illustrato molto bene presentando un articolo che descrive proprio il sovralzo dell'acqua con le paratoie del Mose in azione. La simulazione prevede il comportamento della laguna sia con le barriere aperte sia con le barriere chiuse, in presenza di bora e di scirocco. Argomenti che gli ambientalisti hanno utilizzato per dire che il sistema non funziona, e invece il Mose funziona eccome, basta chiuderlo prima, e martedì la città, ripeto, sarebbe stata all'asciutto. Per questo è importante, fondamentale, finire l'opera al più presto e renderla operativa, perché tra dieci anni crescerà il livello del mare e sarà tutto un altro scenario».
Il Mose avrà una vita di dieci anni?
«No, ma nei dieci anni a venire dovremo ragionare sulla flessibilità operativa della gestione del sistema, e studiare gli effetti del vento in modo da schermare le sue oscillazioni visto che il clima si sta estremizzando e i venti sono sempre più intensi e di breve durata. La laguna già oggi non è più quella di una volta con l'acqua calma che cresce per ore e ore, oggi ci sono masse d'acqua che viaggiano come martelli. Tra i fattori che determinano l'innalzamento delle acque una volta chiuse le paratoie del Mose, ossia le piogge, il passaggio dell'acqua attraverso i traferri che sono gli spazi tra una paratoia e l'altra, la portata dei fiumi, il tempo che serve ad azionare le dighe mobili (circa mezzora), e il vento, oggi è sena dubbio predominante il vento».
Elisio Trevisan
© RIPRODUZIONE RISERVATA
© RIPRODUZIONE RISERVATA

PIEMME

CONCESSIONARIA DI PUBBLICITÁ

www.piemmemedia.it
Per la pubblicità su questo sito, contattaci