IL RETROSCENA
BRUXELLES Le delegazioni, con ministri, ambasciatori e portaborse,

Giovedì 18 Ottobre 2018
IL RETROSCENA BRUXELLES Le delegazioni, con ministri, ambasciatori e portaborse,
IL RETROSCENA
BRUXELLES Le delegazioni, con ministri, ambasciatori e portaborse, erano già schierate. Pronte, prima che a Roma esplodesse la guerra atomica sul decreto fiscale innescata da Luigi Di Maio, a entrare nella saletta dell'Europa building riservata al bilaterale. Ma Angela Merkel, all'ultimo minuto, ha chiesto a Giuseppe Conte di incontrarlo da sola. «Meglio un faccia a faccia, dobbiamo parlarci chiaro».
In base a ciò che filtra, nei venti minuti di colloquio, la Cancelliera ha chiesto al premier italiano correzioni alla manovra economica per non mettere a rischio la moneta unica. E l'avrebbe fatto in modo ruvido. Con discorso suonato più o meno così: Serve serietà per alimentare un clima di fiducia reciproco e favorire il dialogo. Impegni e regole vanno rispettati, è una questione di credibilità. Ne va della sopravvivenza stessa dell'euro. I Paesi del Nord sono già sul piede di guerra: nulla di più vi si può concedere.
LE POSIZIONI
Conte non ha potuto che incassare il colpo. E allargare le braccia. La consegna di Di Maio e Matteo Salvini non gli lasciava margini: la legge di bilancio, che è venuto qui a difendere e a illustrare, «non cambia». Però a Frau Angela, come ripeterà oggi nei bilaterali con il francese Emmanuel Macron e l'olandese Mark Rutte, il premier ha detto e garantito che non esistono piani B. Che lui è il «garante»: non è vero che il governo giallo-verde vuole divorziare dalla moneta unica. In più ha difeso, come da contratto, la manovra: «Le riforme varate sono in un quadro di sostenibilità dei conti, nel 2021 il debito calerà al 126,7%. Inoltre la riforma delle pensioni avrà effetti produttivi sulla produttività, favorendo l'ingresso nel mercato del lavoro di giovani che conoscono le tecnologie digitali».
Conte che per almeno un'ora ha dovuto disertare la cena a Ventotto per occuparsi dello scontro sul decreto fiscale - spera con queste rassicurazioni di evitare il pubblico processo a Bruxelles e di scongiurare guai molto più seri sui mercati finanziari. Come lo spread oltre quota quattrocento. Ma ha un problema ulteriore: la bomba esplosa a Roma, con Di Maio che annuncia di volersi rivolgere alla Procura per denunciare presunte manipolazioni del decreto fiscale, dà un colpo pesante alla credibilità italiana.
Esigui erano (e sono) anche i margini della Merkel, che ha promesso a Conte di partecipare al summit sulla Libia in programma a Palermo a metà novembre. Dopo la sconfitta dell'alleata Csu in Baviera e in vista del voto in Assia, la Cancelliera non poteva mostrarsi comprensiva. Anche perché, come hanno dimostrato le ore che hanno preceduto l'inizio del summit, in Europa non sono solo Merkel, Di Maio e Salvini a essere in campagna elettorale. Il voto di maggio riguarda tutti. Così ecco il cancelliere austriaco Sebastian Kurz fare la faccia feroce: «Le regole valgono per tutti, l'Italia mette a rischio la moneta unica». Ecco il premier belga, Xavier Bettel chiedere «spiegazioni» a Roma. Per non parlare del commissario al Bilancio, Gunther Oettinger, che prima ha dato per scontata la bocciatura della manovra. Poi ha detto che si trattava di «un'opinione personale».
In realtà al Consiglio, e nel faccia a faccia, è andato in scena un gioco delle parti. Merkel e gli altri leader (Jean-Claude Juncker incluso), ormai danno per scontata la stroncatura della legge di bilancio italiana e va da sé che ciò porterà a una procedura d'infrazione contro l'Italia. Allo stesso tempo però non vogliono drammatizzare lo scontro con Roma. Non per riguardo o per amicizia. Ma perché un accesso di conflittualità potrebbe innescare la tempesta finanziaria che tutti temono: un tornado che si abbatterebbe sull'Italia e che potrebbe travolgere (qui preferiscono parlare di contagio) gli altri Paesi. E la stessa moneta unica.
LA DIPLOMAZIA
Così, sia per dimostrare di aver fatto tutto il possibile, sia per provare a scongiurare il drammatico epilogo, oggi e domani sarà a Roma Pierre Moscovici. Il commissario agli Affari economici incontrerà chi, più di ogni altro in Italia, ha voglia di dare ascolto all'Unione: il capo dello Stato, Sergio Mattarella, e il ministro Giovanni Tria. Né l'uno, né l'altro però possono invertire l'abbrivio di nave-Italia che Salvini e Di Maio vogliono portare a speronare l'iceberg di Bruxelles. Per poi appuntare sul petto la medaglia della procedura d'infrazione che, se va come sperano i due leader, non troverà mai applicazione. La multa scatterebbe a maggio. Se non a giugno. Quando gli equilibri europei potrebbero archiviare la governance di popolari e socialisti.
Alberto Gentili
© RIPRODUZIONE RISERVATA
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