IL REPORTAGE
dal nostro inviato
PONTIDA È mezzogiorno e mezzo, sul palco

Lunedì 16 Settembre 2019
IL REPORTAGE
dal nostro inviato
PONTIDA È mezzogiorno e mezzo, sul palco sta urlando - perché ai microfoni di Pontida non si parla, a tutti vien naturale urlare - il sindaco di Treviso. Mario Conte («Il Conte giusto, eh») sta dicendo che in cinque anni, quando nella passata legislatura il Pd aveva soppiantato la Lega, «la città più bella del mondo è stata invasa da Rom, rossi e anche rompicoglioni». Il pratone esplode e intanto su, sulla provinciale 342 Briantea che da Bergamo porta a Como, arriva l'ennesimo pullman. E poi un altro. E un altro ancora. Perché si sapeva che ci sarebbe stata una massiccia partecipazione, che era necessario fare di questo raduno la Pontida delle Pontide, che nei progetti iniziali doveva essere l'avvio della campagna elettorale per le Politiche di ottobre e invece Matteo Salvini ha fatto cadere il governo e i suoi ex alleati grillini l'hanno sfrattato dal Viminale mandando lui e gli altri sei ministri leghisti all'opposizione.
LA FOLLA
Un anno fa era la Pontida della Lega che chiudeva i porti, varava Quota 100 e contava, chissà, di conquistare l'autonomia per Veneto e Lombardia nonostante gli altolà delle Lezzi e dei Costa. Quest'anno è la Pontida di Salvini reduce da Milano Marittima e dal Papeete che voleva il voto anticipato e invece quelli del Movimento 5 Stelle sono andati a patti col Pd. «Pol-tro-na-ri», «tra-di-to-ri», «mai-col-Pd», urla la folla, gente vestita con le nuove bandiere blu di Salvini, ma anche nostalgici della croce celtica, aficionados che dal 1990 non hanno mai mancato un raduno sul pratone, quando il Nord voleva la secessione e lo Stato agognato non era quello del tricolore che ora spunta sul fondale del palcoscenico, ma la Padania di Umberto Bossi. Eppure sono tanti, tantissimi, ben più di un anno fa. «Ottantamila, forse novantamila», dicono gli organizzatori; la metà per la questura. E altri continuano ad arrivare. Nei bar e nei ristoranti vicini stanno facendo affari come non mai: all'Anchio 600 chili di spezzatino e 60 litri di birra non sono bastati. «Bloccati in coda», informano sulle chat del partito i due assessori del Veneto Manuela Lanzarin ed Elisa De Berti, ma anche il presidente della prima Commissione Alessandro Montagnoli. Il governatore della Regione Sardegna, Christian Solinas, pure lui in colonna, dovrà farsi anticipare dal presidente dell'assemblea legislativa.
I CORI
«Chissà cosa non si inventerà il Tg1 per nascondere questo successo», dirà Salvini una volta salito sul palco e alla volta dei giornalisti dalla folla sarà un altro buh. Perché il Popolo di Pontida ha i suoi vangeli e certe parole, certi riferimenti non sono contemplati. Quando il governatore del Veneto Luca Zaia cita l'ex presidente della Repubblica Giorgio Napolitano che all'autonomia è favorevole, non si becca l'applauso ma un mugugno grande così. Il Popolo di Pontida scandisce Lu-ca Lu-ca, ma non gradisce l'accenno del presidente del Veneto ai cronisti che come i volontari sul pratone stanno lavorando. Il Popolo di Pontida semmai insulta il giornalista di Repubblica, Gad Lerner: «Massone, straccione, vai a casa, spargi sempre m... su di noi, provocatore». Dopodiché uno della folla spacca la telecamera a un cronista della stessa testata giornalistica che aveva avuto l'ardire di chiedere a un tale perché stava urlando «Mattarella mafioso». Il giorno prima il deputato veneto Vito Comencini aveva detto che il Capo dello Stato gli faceva «schifo». «Sicuramente sono stati sbagliati i toni», l'ha difeso Salvini, attirandosi le ire del ministro dem Dario Franceschini: «Le parole contro Mattarella sono inqualificabili, e Salvini parla di toni sbagliati, come se i contenuti fossero giusti». Ma questo è il Popolo di Pontida che si infiamma a scandire e-le-zio-ni e li-ber-tà. Sono arrivati da tutta Italia e non la pensano neanche tutti allo stesso modo né sulla pazza crisi di questa estate né sulla strategia salviniana di abbracciare il tricolore. Mario Bettìo, trevigiano di Casale sul Sile, arriva con un bandierone della Regione Veneto, il leone di San Marco e la data del referendum sull'autonomia, 22 ottobre 2017: «Io sono d'accordo con Salvini su tutto». Dieci metri più in là c'è una coppia piemontese con la bandiera di Pontida di vent'anni fa e che della strategia salviniana non condivide una virgola: «Siamo passati dall'acqua del Po al mojito». Inutile chiedere perché, se sono così in dissenso, non sono rimasti a casa: «Pontida è Pontida».
IL RITO
Pontida è un rituale che inizia all'alba, contempla soste agli autogrill, costicine e polenta cotte sul pratone, battaglie a colpi di gadget tra gli stand regionali, le felpe Ara che so stufo in quello del Veneto, il kit populista fatto di maglia, penna, accendino e spilla con stemma Di lui mi fido (sottinteso: Salvini) a 20 euro in quello della Toscana. E battaglie anche a colpi di vessilli. «Mi spiace Luca, ma quest'anno la bandiera più grande ce l'abbiamo noi», provoca il governatore della Lombardia Attilio Fontana. Che rincara: «E abbiamo anche un centinaio di pullman più del Veneto». La replica di lì a poco: «Siccome quando si va a fare una scampagnata ci si porta la coperta, eccovi la copertina», ribatte Zaia mentre i suoi assessori e consiglieri regionali srotolano un Leone marciano di 25 metri per 15, fino a qualche minuto primo gelosamente ripiegato e custodito in un trolley del presidente del consiglio veneto Roberto Ciambetti. Ed è la Pontida degli striscioni personali, con Zaia che quest'anno batte alla grande Salvini: Luca patrimonio veneto hanno scritto su un lenzuolone con lo spray. Non sarà che hanno ragione quelli che sostengono che potrebbe essere lui il futuro segretario della Lega? «Molto probabilmente hanno bevuto vini sbagliati», se la cava ridendo il governatore. Ma è anche la Pontida della divisa, jeans e camicia immacolata, tutti così vestiti Salvini, Zaia, Fugatti, con Fedriga che sbaglia colore e Fontana che opta per la polo con lo stemma della Lombardia, mentre il governatore veneto si fa ammirare ai piedi per un paio di trendissime sneaker.
L'IMMERSIONE
Ed è, infine, la Pontida dei selfie. Salvini parla per ultimo e sono quasi tre quarti d'ora di comizio intervallato da pause ad effetto: all'inizio l'omaggio all'albero della vita in ricordo dei militanti morti, alla fine i bambini di Bibbiano fatti salire sul palco con la piccola Greta «restituita dopo un anno alla mamma» e poi le braccia alzate, la mano destra nella mano sinistra del vicino, un po' come a messa al momento del Padre Nostro. Ma non è finita. Due ore dopo la conclusione di Pontida 2019, mentre gli operai smontano i tubi Innocenti, Salvini sta ancora facendo selfie. Come al Papeete. Sembra un secolo fa.
Alda Vanzan
© RIPRODUZIONE RISERVATA
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