IL REPORTAGE
dal nostro inviato
AGORDO (BELLUNO) Cosa resta dopo un terremoto?

Giovedì 1 Novembre 2018
IL REPORTAGE
dal nostro inviato
AGORDO (BELLUNO) Cosa resta dopo un terremoto? Boschi spianati, edifici sepolti, strade interrotte. E poi niente corrente elettrica, zero acqua potabile, nessuna connessione telefonica. Ecco, ad Agordo è così, e pure a Gosaldo e La Valle, a Taibon e Cencenighe, a San Tomaso e Alleghe, come anche a Rocca Pietore e Colle Santa Lucia. Solo che l'epicentro di questo sisma non sta nelle viscere della terra bensì fra le cateratte del cielo, che si sono aperte scatenando un diluvio universale di pioggia e di vento, sicché nel primo pomeriggio di sole dopo tre giorni di alluvione saliamo in elicottero e guardiamo da quassù il disastro a cui è ridotta la provincia di Belluno, la più flagellata di un Veneto per cui Luca Zaia conferma la prima stima dei danni in «una miliardata».
LE CONIFERE
Proprio il governatore la definisce «una situazione di devastazione totale», facendo il punto all'aeroporto di Belluno, al ritorno dal sopralluogo aereo con l'assessore Gianpaolo Bottacin. È da qui che ci alziamo in volo anche noi, per risalire l'asta del Cordevole ingrossato e limaccioso, attraversando l'omonima vallata in direzione della val Pettorina e della val Fiorentina. Accarezziamo la valle di San Lucano, che era appena uscita sfregiata dall'immane rogo della settimana scorsa, quando ha visto gli uomini dell'Antincendio boschivo della Regione lasciare il fuoco per correre dall'acqua e dall'aria. Racconta l'assessore Bottacin: «Le ultime fiamme erano state spente venerdì e sabato è cominciato il maltempo. Sempre più pioggia, sempre più vento: domenica, lunedì e martedì. Così ora i nostri Servizi forestali devono occuparsi di questa nuova emergenza: decine di migliaia di alberi letteralmente schiantati, tanto che dovranno essere perimetrati e rimossi, per evitare che rotolino giù nel torrente e facciano da tappo». Un problema di sicurezza, ma anche un oltraggio alla bellezza. «Il paesaggio è stato completamente stravolto», concordano Zaia e Bottacin alludendo al triste scenario che si staglia là sotto, da una parte e dall'altra della Statale 203 che sorvoliamo anche noi: un'infinita e desolante distesa di conifere sradicate e sdraiate, defogliate e abbattute, l'immagine plastica della natura che si arrende a se stessa.
I PAESI
Ma sono meno toccanti le istantanee che scattiamo pochi istanti più avanti, una sequenza di paesi in cui le frane e le trombe d'aria sembrano aver giocato con il caso: qui sì e lì no, di qua una colata di detriti ha bloccato la circolazione stradale e una raffica di vento ha scoperchiato un capannone, mentre di là tante piccole macchinine riescono ad incolonnarsi nel breve tratto scampato alla furia del meteo, magari alla ricerca di carburante che non trovano. «Senza energia elettrica spiega Bottacin, riferendosi ai tralicci divelti come fuscelli non funziona praticamente niente: i distributori non vanno, la luce non si accende, i ripetitori non funzionano, il riscaldamento non parte. E le temperature iniziano ad essere molto modeste». Ce lo conferma una virata del pilota: a bassa quota, ecco la neve. Andrea De Bernardin, sindaco di Rocca Pietore, è sconsolato: «Siamo isolati telefonicamente, senza energia elettrica e senz'acqua. Però come sempre i media parlano del Trentino e di Genova e non di noi. Eppure i danni sono incalcolabili, più che nel 1966, per questo sto cercando in ogni modo di far giungere la mia voce». Ma non è facile, visto che anche solo per mandare un messaggino il primo cittadino della Marmolada deve andare fino a Cencenighe e attaccarsi alla cella che copre il municipio. È in borghi come questo che il disagio suscita la coesione, come nel caso del farmacista che recupera un generatore e tiene aperto comunque. Anche oggi che pure è Ognissanti: «Dove è possibile e dove lo condizioni lo permetteranno, le farmacie lavoreranno nonostante la festività, proprio per essere a fianco della comunità», spiega Alberto Fontanesi, presidente di Federfarma Veneto.
I SERVIZI
Sottolinea il prefetto Francesco Esposito: «Abbiamo due priorità assolute: il ripristino della viabilità e la riattivazione di corrente, acqua e comunicazioni». Per ciò che riguarda il transito, fondamentale anche per il rifornimento di generi alimentari alle frazioni rimaste isolate, sono state mobilitate anche le truppe alpine, insieme a 90 uomini del vigili del fuoco e ad altri 100 dipendenti regionali che fanno base nel nuovo campo dedicato a quest'area. Quanto alla potabilità e ai telefoni, si procede per zone. «Entro domani (oggi, ndr.) aggiunge inoltre il prefetto sarà garantita l'entrata in funzione di 300 generatori, che dovrebbero coprire la fornitura di energia in tutta la provincia, garantendo anche gli ospedali di Agordo e di Pieve di Cadore. Ma così tamponiamo l'urgenza, poi serviranno interventi risolutivi sulle linee della media e dell'alta tensione». L'ultimo aggiornamento di Terna e E-Distribuzione, impegnate con una task-force di 1.800 addetti, dice che in Veneto restano disalimentate circa 51.000 utenze, di cui 41.700 nel Bellunese, più altre 11.500 in Friuli Venezia Giulia, dato che complessivamente ne sono state riallacciate oltre 200.000 in quarantott'ore.
L'ALLERTA
Osserva Roberto Padrin, presidente della Provincia di Belluno: «Malgrado la fragilità della nostra montagna, abbiamo dato grande dimostrazione di impegno e solidarietà, anche perché questo non è il momento di fare polemiche. Tanto più perché siamo consapevoli che non è ancora finita, vista la pioggia in arrivo». Secondo quanto annuncia il Centro funzionale decentrato della Protezione civile, la nuova perturbazione di oggi non sarà pericolosa come la precedente ma è comunque preoccupante, tanto che è stato prolungato fino alle 14 di domani l'allarme rosso per criticità idraulica sulla rete secondaria e per criticità geologica sui bacini Alto Piave, Piave-Pedemontano e Alto Brenta-Bacchiglione-Alpone. Facciamo appena in tempo ad atterrare, quando scatta la nuova allerta, questa volta in Alpago. La frana del Tessina, «la più vasta d'Europa», si è rimessa in moto: 4 milioni di metri cubi e 40 persone da evacuare a Funes. Ad Agordo è così, ma anche altrove non resta che difendersi e sperare.
Angela Pederiva
© RIPRODUZIONE RISERVATA
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