Il presidente dei primari: «Meno positivi, più decessi? Sono il picco di 15 giorni fa»

Venerdì 27 Marzo 2020
IL MEDICO
PADOVA Frena la curva dei contagi, cresce il numero dei pazienti dimessi dagli ospedali, ma purtroppo c'è un'impennata di decessi. Tante croci disseminate nel Veneto a causa del Covid-19 non sono però un segno di involuzione nell'andamento dell'infezione o di cedimento del sistema. «Mettendo insieme i dati dal 14 al 26 marzo, resi noti dall'Azienda Zero della Regione del Veneto, si nota come la letalità del coronavirus, ossia il rapporto tra i decessi e il numero dei contagiati, in Veneto risulta sensibilmente più bassa rispetto alla media nazionale. In particolare a Padova e provincia, compresa Vò Euganeo, che è costantemente intorno al 2% rispetto ad una media nazionale del 12% e in Lombardia del 14%. Tali percentuali non considerano le persone in isolamento domiciliare risultate positive o a stretto contatto con pazienti risultati positivi». A parlare è il dottor Giampiero Avruscio, presidente dell'Associazione nazionale primari ospedalieri in seno all'Azienda ospedaliera universitaria di Padova, che sta analizzando giorno per giorno la situazione emergenziale. «In termini assoluti in questi 13 giorni i decessi sono aumentati nelle varie provincie del Veneto, con picchi che si sono moltiplicati di 10 volte a Verona, di oltre 20 volte a Vicenza, di 5 volte a Venezia, di quasi 3 volte a Treviso che comunque partiva da un numero di decessi già molto elevato. Non considerando Belluno e Rovigo dove il contagio è estremamente contenuto - argomenta Avruscio - e così i decessi ad esso collegati. Padova in termini assoluti ha visto triplicare i decessi, rimanendo comunque al di sotto delle altre realtà e molto al di sotto della media nazionale oltre che a livello globale, dove la letalità si assesta intorno al 4,5%. In alcune realtà venete ha contato la diffusione del contagio all'interno degli ospedali, questo ha inciso molto nelle difficoltà del suo controllo e nelle conseguenti riorganizzazioni».
I NUMERI
Il numero così elevato di decessi di ieri ha preoccupato molto, ma bisogna considerare una molteplicità di fattori suggerisce il portavoce dei primari ospedalieri, come per esempio la gravità delle condizione dei ricoverati, l'entità dei giorni di degenza, la presenza di pluripatologie, eventi patologici sovrapposti, non ultimo il collegamento all'ondata di ricoveri di due settimane fa. «Oltre il numero dei decessi, un altro elemento di forte preoccupazione è la disponibilità dei posti letto di terapia intensiva. In questi 13 giorni negli ospedali di Padova e provincia si è passati da 31 a 55 pazienti ricoverati in area critica, a Treviso da 24 a 49, a Venezia da 34 a 63, a Vicenza da 20 a 43, a Verona da 19 a 100 e questo è il dato più angosciante. Ma i posti letto di terapia intensiva che la Regione ha predisposto e che sta ancora predisponendo, sono in misura tale da reggere al momento la situazione». Giampiero Avruscio si è fatto un'idea abbastanza chiara. «Nonostante provvedimenti di vario tipo all'inizio non proprio in linea con l'emergenza e a volte confusi se non contrastanti, a Padova non solo è stata isolata un'intera popolazione che ha costituito un modello di studio scientifico unico, in cui sono stati ricercati i pazienti asintomatici Covid-19 positivi con ripetuti tamponi, ma sono stati eseguiti alla popolazione a rischio di esposizione un numero elevatissimo di tamponi che in percentuale è il più elevato in assoluto. Questo ha permesso l'individuazione e la messa in quarantena di moltissime persone asintomatiche che avrebbero di fatto costituito elemento pericolosissimo e irrefrenabile di contagio. Tale impostazione controcorrente trova conferma in alcuni studi scientifici, in cui le analisi dei tamponi nasali non mostrano una significativa differenza in termini di carica virale tra sintomatici e asintomatici, confermando che entrambe le tipologie di pazienti siano in grado di trasmettere l'infezione». I più esposti al rischio sono gli operatori sanitari, «come dimostrano i numerosi contagiati e purtroppo anche le vittime di questo subdolo nemico, così come tutti coloro che non possono fermarsi in questa fase emergenziale, per cui occorre moltiplicare le forze anche in termini di risorse di uomini e mezzi - conclude il dottor Avruscio - sia per i dispositivi protettivi necessari, sia per sottoporre a seriali controlli la popolazione più esposta. Il modello Padova del professor Andrea Crisanti adottato dalla Regione del Veneto speriamo possa dare i suoi frutti. I prossimi giorni, in cui è previsto il picco della diffusione, capiremo meglio».
Federica Cappellato
© RIPRODUZIONE RISERVATA
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