Il Paese in bilico

Domenica 17 Febbraio 2019
Il Paese in bilico
IL CASO
Giornata di alta tensione, quella che ieri si è vissuta in Albania: l'opposizione di centro-destra guidata da Lulzim Basha, in mattinata, si è riunita davanti al palazzo del governo di Tirana per chiedere «un governo transitorio che prepari elezioni anticipate, che siano libere e in rispetto degli standard internazionali». Diversi i momenti in cui la protesta ha rischiato di degenerare, in particolare quando i manifestanti hanno tentato, a più riprese, di sfondare l'entrata principale dell'edificio, ma sono stati respinti dal lancio di lacrimogeni dalla Guardia repubblicana, mentre la polizia non ha fatto resistenza.
LA TRAPPOLA
Una mossa, quest'ultima, che è stata vista come una sorta di trappola, tanto che Basha ha parlato di «provocazione» da parte dei poliziotti, che hanno «appositamente lasciato un varco facendo passare i manifestanti irritati». «Lo scenario è chiaro, accusare l'opposizione di violenza ha dichiarato Basha Il proseguimento della protesta sarà deciso dai cittadini in rivolta». Nonostante sia successivamente tornata la calma, almeno sei persone sono rimaste ferite, quattro tra i manifestanti e due tra i poliziotti.
E per ora sembra tenere l'appello del presidente della Repubblica, Ilir Meta. «Bisogna evitare gli scontri e la violenza ha detto il capo dello Stato I cittadini devono manifestare liberamente e le istituzioni vanno rispettate». Basha, già ex sindaco di Tirana e dal 2013 leader del Partito democratico (formazione di centro-destra e prima sigla all'opposizione), ha chiesto le dimissioni del premier Edi Rama, anche lui ex primo cittadino della capitale, e le elezioni anticipate. Alla mobilitazione dell'opposizione contro il governo hanno risposto decine di migliaia di persone. Gli incidenti sono cominciati quando sono state lanciate bombe molotov e pietre contro l'ingresso dell'edificio dell'esecutivo, rompendo il cordone di polizia.
FUORI CONTROLLO
I manifestanti sono prima saliti su una impalcatura all'ingresso, poi hanno rotto alcune finestre, infine una decina di loro è entrata nell'edificio, salendo al primo piano. Una «situazione fuori controllo», l'ha definita lo stesso Basha, anche per le minacce da parte di altri esponenti politici, meno propensi a proteste pacifiche. «Se (Rama) non si dimette prima di stanotte, la città lo prenderà per gettarlo nel fiume», ha dichiarato riferendosi a ieri sera Sali Berisha, il cardiologo conservatore che ha ricoperto sia la carica di premier sia quella di presidente. Unanime, invece, la condanna delle violenze da parte della comunità internazionale, dalla delegazione dell'Unione europea alle ambasciate dei paesi membri, dagli Usa all'Osce.
Rama, premier dal 2013 e il cui Partito socialista ha vinto le elezioni generali del 2017 con una maggioranza schiacciante, venerdì aveva annunciato che non si sarebbe trovato a Tirana durante la protesta: era atteso a Vlora, il suo collegio elettorale, per un dialogo con gli abitanti sullo «sviluppo della città». Il Partito democratico manifesta regolarmente in piazza contro di lui, paragonandolo al presidente venezuelano Nicolás Maduro, in quelle che sono diventate le proteste più grandi dalla fine del comunismo.
Edi Rama, 54 anni, è una figura controversa, con l'opposizione che lo accusa di non voler lasciare il potere. Nell'Albania post-comunista Rama ha svolto un ruolo determinante, soprattutto come sindaco di Tirana, carica che ha ricoperto dal 2000 al 2011. Durante il suo mandato la capitale albanese è stata il motore della rinascita del paese, presentandosi come una città moderna, dinamica, aperta.
ACCUSE DI CORRUZIONE
Proprio per il suo lavoro è stato premiato, nel 2004, nella prima edizione del Premio Sindaco del Mondo. Dopo Tirana è stata la volta del governo nazionale, ma con l'ascesa sono aumentate le accuse nei suoi confronti, in particolare corruzione, compra-vendita di voti, mentre la criminalità non sembra diminuire così come anche la povertà. Nonostante i progressi, la storica entrata nella Nato nel 2008 e l'obiettivo di far parte dell'Unione europea, l'Albania resta uno dei paesi con maggiori criticità e nell'Indice di Percezione della Corruzione 2018, indicatore statistico pubblicato annualmente dall'organizzazione Transparency International, è il peggiore nella zona dei Balcani.
Simona Verrazzo
© RIPRODUZIONE RISERVATA
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