IL NEGOZIATO
LONDRA L'accordo c'è, o così finalmente pare. Ora quello

Mercoledì 14 Novembre 2018
IL NEGOZIATO
LONDRA L'accordo c'è, o così finalmente pare. Ora quello che manca è la concordia, nei palazzi londinesi, per permettere al processo di uscita del Regno Unito dall'Unione europea di andare avanti a due anni e mezzo dal voto con cui il 52% dei britannici ha chiesto una Brexit dai contorni tutti da definire. Al termine di un lunghissimo negoziato, concluso con una riunione a livello tecnico lunedì, un ponderoso testo di 500 pagine è stato inviato a Downing Street nella giornata di ieri e approvato dalla premier nel primo pomeriggio. Tra i punti principali dell'accordo ci sarebbero gli impegni sui diritti dei cittadini europei dopo la Brexit, un periodo di transizione di ventuno mesi dopo l'uscita dalla Ue il 29 marzo del 2019 e i dettagli sulla liquidazione da 39 miliardi di sterline per chiudere i conti tra Londra e Bruxelles.
IL PUNTO PIÙ SPINOSO
«Un piccolo numero di questioni rilevanti» sarebbe ancora da risolvere, mentre sul punto principale e più spinoso, ossia quello irlandese, la soluzione raggiunta, secondo quanto trapelato dai media locali, rischia di scontentare tutti. Con la soluzione temporanea concordata, il Regno Unito resterà provvisoriamente parte dell'unione doganale in attesa di una soluzione permanente per evitare che l'isola celtica debba essere spaccata in due da una frontiera fisica. Londra voleva un meccanismo di uscita da questa condizione, anche perché i Brexiters temono che in questo modo il paese resti sempre legato alla Ue, mentre per Bruxelles prevale la necessità di tutelare gli interessi di Dublino e l'equilibrio geopolitico dell'isola.
Gli irlandesi del Nord non vogliono invece che la necessità di mantenere fluida la circolazione nell'isola li condanni di fatto ad avere regole diverse da quelle applicate in Gran Bretagna, cosa che nell'accordo sarebbe effettivamente prevista: l'Ulster dovrebbe attenersi a delle norme che renderebbero l'area più vicina al resto della Ue da un punto di vista regolatorio, cosa che difficilmente verrà accettata senza batter ciglio. Da Bruxelles sono giunte parole di cautela e il portavoce di Michel Barnier ha detto: «Non abbiamo ancora chiuso».
Oggi nella capitale europea si terrà anche una riunione dei rappresentanti permanenti dei Ventisette e, se l'esito della riunione del governo britannico sarà positivo, il testo verrà inviato nelle capitali europee entro domani. L'obiettivo è quello di convocare un vertice europeo alla fine di novembre, forse il 25, per firmare l'accordo di uscita e la dichiarazione d'intenti, ben più breve, su quelli che saranno i rapporti futuri.
Se salterà questa data c'è sempre un vertice in calendario per la metà di dicembre, ma se le cose andassero bene il voto di Westminster avverrebbe già per la metà di dicembre, dopo che i deputati avranno avuto modo di guardare il controverso parere legale che la May ha ricevuto per i negoziati e che spiega quali sono le implicazioni nel lungo periodo della scelta di approvare una soluzione temporanea per l'Irlanda.
I NUMERI IN PARLAMENTO
I numeri in Parlamento sono tutt'altro che rassicuranti e indicano una situazione sul filo del rasoio: le servono 320 voti, quelli su cui può contare serenamente sono 235, senz'altro 282 le voteranno contro, il resto va conquistato, e non sarà semplice. La Commissione europea, per la quale tutte le opzioni restano sul tavolo, ha voluto comunque far presente che in caso di no deal non ci sarà necessità di visti per i cittadini britannici che vogliono andare nella Ue per un periodo breve, a condizione che lo stesso valga per gli europei nel Regno Unito. Tuttavia, nel caso i negoziati portassero a un nulla di fatto, «la legge europea smetterebbe di essere valida nel Regno Unito alla mezzanotte del 29 marzo del 2019, rendendo necessari alcuni controlli all'ingresso e all'uscita del confine esterno della Ue». Sulla scia dell'ottimismo per la notizia, la sterlina ha raggiunto i massimi da aprile nei confronti dell'euro e ha guadagnato l'1,5% a 1,3047 nei confronti del dollaro.
Cristina Marconi
© RIPRODUZIONE RISERVATA
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