IL GESTO
TREVISO «È un bravo ragazzo, non meritava di andare in galera

Giovedì 25 Novembre 2021
IL GESTO TREVISO «È un bravo ragazzo, non meritava di andare in galera
IL GESTO
TREVISO «È un bravo ragazzo, non meritava di andare in galera e ho deciso di aiutarlo». Inizia dalla fine la storia che lega, e che forse legherà per sempre, l'imprenditore trevigiano Paolo Fassa, l'80enne patron dell'azienda leader dei calcestruzzi Fassa Bortolo, e Alex Pompa, il 20enne di Collegno, in provincia di Torino, che il 30 aprile 2020 uccise il padre Giuseppe, operaio di 52 anni, con 34 coltellate vibrate con 6 diversi coltelli da cucina durante una delle tante liti con la moglie, e che ieri è stato assolto con formula piena dalla Corte d'Assise del tribunale di Torino. «Il fatto non costituisce reato» hanno stabilito i due giudici togati e i sei popolari, quindi Alex ha agito per legittima difesa, per proteggere dal genitore la madre Maria e il fratello Loris. E in aula, ad ascoltare la lettura del dispositivo, c'era anche Paolo Fassa. «Ce l'abbiamo fatta» ha commentato l'imprenditore trevigiano, visibilmente commosso e soddisfatto.
LA STORIA
La vicenda, all'epoca, era finita su tutti i giornali. Un ventenne che uccide il padre con un numero così elevato di coltellate non è un delitto comune, soprattutto per il contesto nel quale è maturato. Anni di minacce, violenze fisiche e psicologiche, fino al tragico epilogo. «Prima o poi ci ammazza tutti» aveva scritto ad Alex il fratello Loris. Era il 2018, due anni prima dell'omicidio. Segno che quella tragedia, per la quale il pubblico ministero Alessandro Aghemo ha detto di essere «costretto a chiedere una condanna a 14 anni di carcere», nascondeva dell'altro. Quell'altro che Paolo Fassa ha voluto far emergere. «Ricordo bene quel giorno perché il 30 aprile compie gli anni mia moglie - afferma l'imprenditore - Avevo sentito la storia di Alex al telegiornale, pensavo che fosse il solito drogato che è andato fuori di testa. E invece poi ho sentito i suoi amici e i suoi professori che dicevano quanto fosse educato, brillante. Un bravo ragazzo, insomma. E così ho chiesto a dei miei collaboratori di trovarmi tutti gli articoli apparsi sulla stampa locale che parlavano del delitto. Da lì ho deciso: quel ragazzo non poteva passare 15 anni in carcere solo perché non poteva permettersi un buon avvocato».
IL SOSTEGNO
Paolo Fassa, a quel punto, ha chiesto aiuto a Giovanni Schiavon, l'ex presidente del tribunale di Treviso: «Siamo amici da tanto tempo, l'ho chiamato per chiedergli di informarsi su un buon penalista a Torino. Ed è venuto fuori il nome di Claudio Strata. L'ho contattato chiedendogli di difendere Alex e che mi sarei occupato io delle spese». Era il 6 maggio 2020. Da lì è iniziata l'amicizia tra Paolo Fassa a Alex Pompa. «Sì, siamo diventati amici, e sono contento che sia stato assolto. È stata fatta giustizia per davvero - commenta l'imprenditore - Non avevo mai fatto nulla di simile prima d'ora. Adesso lui mi dice che sono il suo angelo custode, ma non è vero. Ho solo voluto dare una mano a un ragazzo che ha tutta la vita davanti e che rischiava di compromettersela». Fassa, in aula, ha potuto ascoltare anche le minacce che Giuseppe Pompa rivolgeva alla moglie e ai figli, che nei momenti più tragici hanno auto la forze e il coraggio di registrarle con il telefonino. Prove schiaccianti sul fatto che l'operaio vessasse in continuazione la sua famiglia. «Robe da brividi - conclude Fassa - È ora che gli uomini la smettano di fare i prepotenti. Dopo aver sentito quelle minacce ho guardato i giudici popolari e, vedendo che erano in prevalenza donne, ho capito che c'era speranza per Alex. E così è stato. Dopo la maturità alberghiera adesso si è iscritto all'università. Per lui e per la sua famiglia ci sarò sempre».
Giuliano Pavan
© RIPRODUZIONE RISERVATA
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