Il fratello di Elena: «Non si è mai pentito e ci ha rovinati, spero di non incontrarlo»

Giovedì 31 Maggio 2018
Il fratello di Elena: «Non si è mai pentito e ci ha rovinati, spero di non incontrarlo»
L'INTERVISTA
PADOVA «Gian Luca Cappuzzo è libero di passeggiare in centro e andare all'università? Beato lui, ma spero proprio di non incontrarlo...». Fabio Fioroni ha la voce fredda e il tono infastidito. Ex poliziotto, ora vive e lavora in un'azienda agricola di Chioggia. Dodici anni fa sua sorella è stata ammazzata dal marito e per lui parlare di quel maledetto giorno è ogni volta una coltellata al cuore. Chiedergli un parere sul permesso premio concesso all'assassinio di Elena, però, è inevitabile.
Signor Fioroni, ne era a conoscenza?
«No, e sarebbe stato meglio così. Non vorrei più parlarne, non vorrei fare alcuna polemica. Quell'uomo non solo ha tolto la vita ad una donna, ma ha rovinato tutta la nostra famiglia. Siamo entrati in un incubo e non ci siamo ancora svegliati».
Qual è lo stato d'animo, dodici anni dopo?
«Io ho 45 anni e la mia vita è stata ovviamente stravolta, ma la mia preoccupazione è soprattutto per mia madre. Ora ha 75 anni e ancora non accetta di aver perso così una figlia. È entrata in depressione e non ne è più uscita. Tutto è cambiato da quel giorno. In casa non è più possibile nemmeno guardare una trasmissione comica in televisione. Mia madre non ha più fatto una risata e forse nemmeno un sorriso. Come facciamo, ora, a parlare ancora di lui?».
L'avete mai incontrato?
«Mai, lo abbiamo visto solamente in aula. Non ci è mai stato chiesto un incontro e, soprattutto, lui non si è mai pentito pubblicamente e non ha mai chiesto scusa. Il suo è stato un crimine premeditato e per questo lo consideriamo ancora più grave. Aveva studiato un piano da brividi, non era il classico omicidio-suicidio. Eppure non abbiamo mai ricevuto nessun messaggio. Lui anche durante il processo ha fatto di tutto per screditarci, comportandosi davvero da persona cattiva. Che tipo di giustificazioni possiamo dargli? Però, ripeto, non voglio avvelenarmi ulteriormente la vita».
Da lui avete mai ricevuto un risarcimento economico?
«Nulla di nulla, eppure ci spetterebbe. Abbiamo sostenuto 50 mila euro di spese processuali e non ci sono state risarcite nemmeno quelle. La vita di mia sorella non ha certamente prezzo, ma pure questo aspetto fa capire l'uomo. Il suo percorso in carcere non lo conosco e sui suoi permessi premio preferisco non dire nulla perché sono valutazioni che non spettano a noi. Di certo nei nostri confronti lui non ha mai fatto il minimo passo in avanti».
Se lo incontrasse oggi, a spasso in centro, cosa gli direbbe?
«Niente di niente. Non ho davvero nulla da dirgli. Lui sì, invece, che a suo tempo avrebbe potuto dirci qualcosa».

G.Pip.
© RIPRODUZIONE RISERVATA
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