IL FOCUS
ROMA L'ora delle trattative, delle carte, dei progetti è finita.

Mercoledì 23 Giugno 2021
IL FOCUS
ROMA L'ora delle trattative, delle carte, dei progetti è finita. Il Recovery plan è ormai entrato nella sua seconda fase, quella più complicata: l'uso delle risorse europee. A fine luglio arriverà una prima tranche di soldi. Probabilmente non tutti i 25 miliardi a cui l'Italia ha diritto per aver rispettato le scadenze nel presentare i piani di investimento. Ma poco importa. Il dado ormai è tratto.
Ora, come ha ricordato ieri il presidente del Consiglio Mario Draghi, bisognerà spendere bene e con onestà. E soprattutto in fretta. Perché le risorse non utilizzate entro il 2026 torneranno indietro a Bruxelles. L'Italia è pronta a partire immediatamente. Alla Commissione europea, insieme alle 2.500 pagine del Recovery plan, il governo ha consegnato un calendario preciso dell'impiego dei soldi. Si partirà subito. Già entro la fine di quest'anno il governo si è impegnato a usare risorse per quasi 14 miliardi.
L'elenco dei progetti sui quali pioveranno queste prime risorse è lungo. Nel documento consegnato a Bruxelles se ne contano ben 105. Alcuni saranno finanziati con contributi a fondo perduto dell'Europa. Altri con i prestiti che la Commissione concederà praticamente a tasso zero. Da dove si partirà? Ovviamente da quelle voci del Recovery che sono immediatamente spendibili. Per esempio 460 milioni saranno immediatamente utilizzati per finanziare il Superbonus del 110%, una delle misure principali inserite nel piano di transizione energetica. Così come, sempre sullo stesso capitolo, ai Comuni saranno trasferiti subito 1,15 miliardi per rendere efficienti dal punto di vista energetico i loro edifici. Ma mentre per il Superbonus l'Italia userà una quota dei finanziamenti a fondo perduto, nel caso dei Comuni la spesa sarà coperta con i prestiti agevolati. Altri 247 milioni saranno usati per finanziare i progetti legati al Turismo 4.0 (un capitolo che nel complesso vale 8 miliardi). Altri 1,7 miliardi saranno immediatamente destinati a finanziare il programma Transizione 4.0 per le imprese, ossia gli sgravi fiscali per l'ammodernamento tecnologico e digitale. Anche su alcune infrastrutture ferroviarie sono previsti finanziamenti immediati, come sulla Liguria-Alpi (532 milioni) e sulla Brescia-Verona (341 milioni). Ma si tratta di prestiti che andranno a sostituire finanziamenti nazionali.
Considerato nel suo complesso, il piano italiano prevede 58 interventi di riforma e 132 investimenti attorno a cui ruotano i 191,5 miliardi in arrivo da Bruxelles (68,9 in sussidi, 122,6 in prestiti agevolati) da spendere entro il 2026.
Il cambio di passo fra la bozza del governo Conte e il testo presentato dall'esecutivo Draghi, dicono a Bruxelles, s'è vista soprattutto a livello di governance del piano. «Abbiamo collaborato molto bene con le autorità italiane». Tra i punti di confronto, l'assenza di un capitolo dedicato alla biodiversità, integrato dopo la richiesta della Commissione (si prevedono adesso 1,2 miliardi per riforestazione, protezione delle risorse marine e interventi nel bacino del Po), e la rimozione di alcune misure che l'esecutivo Ue non considerava «davvero digitali», così come di alcune che non garantivano il rispetto della sostenibilità ambientale. E a chi fa notare che alla transizione ecologica l'Italia dedica appena il 37,5% del Pnrr (il minimo era 37%), dalla Commissione rispondono che si tratta pur sempre di 72 miliardi, la somma più alta in valore assoluto tra tutti i Paesi Ue. Incassato l'ok formale del Consiglio dell'Ue all'Ecofin di luglio, la tranche di pre-finanziamento pari a 24,9 miliardi arriverà a fine mese, termine entro il quale la Commissione conta di avere effettuato altre due emissioni di Eurobond sui mercati.
Andrea Bassi
Gabriele Rosana
© RIPRODUZIONE RISERVATA
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