IL FOCUS
ROMA Chissà che sapore ha la mozzarella o la ricotta Made in Bielorussia.

Giovedì 18 Ottobre 2018
IL FOCUS
ROMA Chissà che sapore ha la mozzarella o la ricotta Made in Bielorussia. Anche il salame Milano e il gorgonzola di produzione svizzera o il Parmesan o il Reggianito di origine brasiliana o argentina suscitano qualche curiosità. Bisognerebbe chiederlo a chi fa la spesa o frequenta i ristoranti italiani tra Mosca e dintorni. Perchè è proprio questo, il danno di immagine, l'effetto più preoccupante delle contro-sanzioni decretate dalla Russia dopo le sanzioni decise dall'Ue nel 2014. Lo stop ai simboli dell'agroalimentare, verdura, formaggi, carne e salumi ma anche pesce, provenienti da Ue, Usa, Canada, Norvegia ed Australia, ha ridotto le esportazioni di agrolimentare made in Italy del 28%. Perchè se si confronta il valore dell'export agrolimentare del 2017 (768 milioni) con quelle del 2013, l'anno precedente l'embargo, c'è una differenza di poco più di 300 milioni di euro, una cifra sopportabile rispetto agli 8 miliardi di esportazioni del nostro Paese verso Mosca. Senza contare quel tanto temuto effetto sostituzione su certi prodotti che potrebbe pesare anche dopo un eventuale rientro dell'embargo, che avrà comunque il suo valore. Paesi come Turchia, Maghreb, Israele, Iran, America del sud o Cina, noti concorrenti dell'Europa nel l'alimentare, sono già da tempo in agguato e hanno già guadagnato quote di mercato interessanti. Per il resto, la Russia si è organizzata da sè, con le produzioni locali. Come dimostra l'affermazione nel 2017 come primo esportatore mondiale di grano.
Ma a ben guardare i numeri, le «assurde sanzioni» tanto odiate da Matteo Salvini e certamente mal viste dalle imprese italiane, non sono riuscite a dare il taglio temuto agli affari sempre forti tra Italia e Russia. Non solo perchè sono oltre 400 le imprese italiane presenti in Russia, per un totale di oltre 43mila dipendenti e oltre 4 miliardi di euro di fatturato. Ma perchè nonostante le controsanzioni, non è diminuito il peso della repubblica Russa, sempre al tredicesimo posto come Paese destinatario, sul totale dell'export made in Italy.
IL CONTO DELLA CRISI
I dati dell'Ice dicono che dal 2013, anno di picco delle vendite made in Italy in Russia pari a 10,7 miliardi di euro, l'export italiano ha perso circa il 25% al 2017, l'anno in cui si è comunque registrato un recupero del 19,3% rispetto all'anno precedente, fino a sfiorare gli 8 miliardi di affari verso il Paese. In quattro anni sono sfumate circa 3 miliardi di vendite. E non stupisce tanto interesse di Salvini per il dossier Russia se si pensa che quasi l'80% delle vendite italiane in Russia arrivano da imprese del Nord.
Un'analisi più approfondita dei dati, parla del calo del settore agroalimentare italiano, certo Ma anche altro, non certo colpito dall'embargo, ha pagato un prezzo negli ultimi anni, a partire dalla meccanica strumentale, e in particolare macchinari e impianti destinati al settore dell'energia e alcuni beni del settore difesa. Già, perchè a spiegare il calo dell'interscambio sull'asse tra Roma-Mosca a partire dal 2013 ha contribuito in larga parte la recessione russa, certamente accelerata dalle sanzioni del 2014 adottate dalla UE contro l'interferenza russa in Ucraina,
Allora, il forte indebolimento del rublo e il calo del prezzo del petrolio hanno ampiamente contribuito alla battuta d'arresto delle vendite di beni italiani, e non solo italiani, divenuti onerosi in un clima di incertezza e di investimenti stagnanti. La meccanica strumentale, primo settore dell'export made in Italy in Russia, ha perso circa il 20% delle proprie vendite tra il 2013 e il 2017.
Poi, l'inizio del 2018 sembravano confermare la tendenza positiva delle vendite di beni Made in Italy. Ma in realtà così non è stato. L'export verso Mosca si è fermato a giugno 2018 a quota 3,5 miliardi, in calo del 4,6%. La decisione Ue di giugno scorso di estendere le sanzioni Ue, ha fatto svanire le attese di un allentamento delle tensioni, su cui vigilano gli Stati Uniti di Donald Trump.
Ma ora è l'incremento dei prezzi del petrolio, che spinge il potere d'acquisto dei russi, a far sperare in un nuovo impulso all'economia russa con una ricaduta positiva del nostro export. Per il resto conterà l'evoluzione della posizione della Russia sullo scenario internazionale e dei rapporti Washington. Lo sa bene anche Salvini che inorridisce davanti a sanzioni «folli».
Roberta Amoruso
© RIPRODUZIONE RISERVATA
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